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Scuola: Prof a Mattarella, noi in prima linea, ora dignità

Scuola

Scuola: Prof a Mattarella, noi in prima linea, ora dignità

Dad subita, abbiamo lavorato di più; ora tanti rischi rientrando

ROMA, 21 febbraio 2021, 08:06

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"La Scuola senza alunni non esiste.
    Ma neanche senza docenti. Perché il miracolo della trasmissione di saperi, ma soprattutto di valori, avvenga, è necessario che ai docenti sia restituita la giusta considerazione da parte dell'opinione pubblica". Comincia con questa considerazione la lettera aperta che un gruppo di docenti del Liceo Galdi in provincia di Salerno ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "I docenti delle superiori prima del Covid erano coloro che lavoravano 18 ore a settimana, con tre mesi di vacanze in estate, più Natale e Pasqua. Con la pandemia, i docenti sono passati ad essere quelli che lavorano da casa, e pertanto fanno ancor meno, pur mantenendo lo stipendio. La categoria degli insegnanti certamente è composta da lavoratori e lavativi, appassionati e disamorati, intelligenti e stupidi, precisi e approssimativi. Proprio come ogni altra categoria. E qualche docente, come avviene in ogni settore, può riversare in classe ansie e insoddisfazioni personali, ma la stragrande maggioranza sa tenere fuori dal mondo scuola tutto ciò che di brutto possa inficiare la lezione, perché quello è un momento sacro e come tale va protetto", rivendicano con orgoglio le docenti Nicoletta Tancredi, Marcellina Parisi, Emilia Aliberti e Giuseppina Orsini. "I docenti - scrivono ancora le prof al capo dello Stato - hanno fatto lezione a distanza, subendo, non scegliendo, la Dad e aggrappandosi ad essa, per continuare ad essere punto di riferimento dei propri allievi, in un momento di difficoltà storica, reinventando in autonomia strategie didattiche ed operative. I docenti da casa hanno lavorato molto di più. Ma quel tempo non include, e non ha mai incluso, la preparazione delle lezioni, le correzioni delle verifiche, le attenzioni allo stato d'animo degli allievi. Tutto ciò non si può quantificare e forse per questo la classe docente è l'unica categoria statale, alla quale non sono pagati gli straordinari.
    Eppure il tempo continuiamo a cronometrarlo. Neanche con le misure anti-covid si considera l'unità oraria, ma un'ora di lezione di sessanta minuti, come se lavorassimo a cottimo. E il tempo lo si considera per il calendario scolastico, anche se dal confronto con l'Europa vien fuori che i giorni di scuola in Italia sono 200 l'anno, mentre in circa la metà dei paesi se ne contano 170/180 e in 17 il numero varia tra 181 e 190".
    "Le ferie, però, per i docenti italiani sono concentrate nel periodo estivo: a differenza degli altri impiegati della Pubblica Amministrazione gli insegnanti sono gli unici che non possono scegliere quando godere dei giorni di ferie, poiché vincolati all'anno scolastico. Anno, che qualcuno ha proposto e propone di prolungare, come se, chiusi gli edifici scolastici, si fosse negato il diritto all'istruzione o come se lo smart-working della scuola fosse vano rispetto ad altri servizi erogati dallo Stato". "Poi, tra mille difficoltà e pericoli, siamo tornati in classe, passando sotto le Forche Caudine degli insulti di chi diceva che i docenti non avevano fatto nulla fino a quel momento. E lì pronti a capire come, dove e quando fare lezione, cercando nuove strategie, perché la Scuola sta cambiando e i vecchi schemi non possono più funzionare. In presenza, senza considerare gli allievi fragili collegati in Dad, abbiamo trovato le classi divise in due aule, perché la questione delle classi pollaio non è mai stata risolta! Anche l'anno scorso, in pieno lockdown, si formavano le prime con gli stessi numeri di sempre e ci troviamo 30 alunni per classe.
    Vogliamo continuare a fare il nostro mestiere ma, perché abbia piena efficacia e un'autentica ricaduta civile e morale sulle future generazioni, è necessario valorizzare il lavoro dei docenti, quelli appassionati, attenti, coscienziosi. Quelli che credono profondamente nell'insegnamento. Che non sono uno stipendio che pesa per le casse del Paese. Ma uno stipendio sottopagato rispetto alla qualità e all'impegno. Vogliamo, senza alcun dubbio, continuare a insegnare e ad imparare dai nostri ragazzi, ma per farlo c'è bisogno di passione e le critiche infondate, i luoghi comuni, i pregiudizi, alla lunga, la passione la spengono! Non ridare dignità alla Scuola vuol dire correre un rischio troppo grande per il nostro Paese: l'Italia non può permettersi di correrlo!".
   

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