Lotta al bullismo anche nella sua
versione cyber: almeno il 50% degli adolescenti ha subito
episodi di violenza fisica o psicologica. In soccorso arrivano
tecniche di prevenzione dai ricercatori dell'Università di
Cagliari. Con le videocamere che non servono tanto a
identificare i protagonisti, ma a fornire indicazioni su modelli
comportamentali codificati, anomalie, violenze o panico.
"Bullismo e cyberbullismo rientrano tra le forme di violenza
discriminatoria - spiega Gian Luca Marcialis, docente al Diee di
Cagliari e specialista del settore - Parliamo di una grave
piaga sociale, diffuse nelle scuole e al di fuori, con la
massiccia adozione dei dispositivi mobili che fa superare
qualsiasi barriera fisica. Anche la diffusione del Covid non ha
impedito episodi molto gravi, tali da far pensare che il
bullismo non sia più solo associabile a un'attività condotta da
minori contro i loro coetanei, ma anche dagli adulti nei
confronti di loro simili, con drammatiche ripercussioni sulla
vita delle vittime".
In particolare il controllo delle videocamere si sofferma sul
riconoscimento di parole e frasi tipiche adoperate dai bulli.
Sono all'opera gruppi di quattro università, oltre Cagliari
anche Foggia, Bari e Napoli. "Stiamo implementando - continua
Marcialis - sistemi di rilevamento di artefatti video che i
bulli potrebbero utilizzare per molestare o minacciare la
vittima copiandone il volto in filmati offensivi, a causa del
proliferare di app per telefonini che, potenzialmente, lo
permettono. Le indagini mostrano che più della metà degli
adolescenti hanno sofferto di atti di bullismo mentre una
percentuale tra il 10 e il 20% lo sperimenta regolarmente. In
questo scenario - precisa il professor Marcialis - ci siamo
spinti ad investigare nuove e più sofisticate tecniche per la
prevenzione di atti di bullismo".
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