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Non solo kosher. Creativa e cosmopolita, la cucina ebraica è un viaggio nel mondo

Non solo kosher. Creativa e cosmopolita, la cucina ebraica è un viaggio nel mondo

Fabiana Magrì, in Israele ne esistono tante quanti i paesi che gli ebrei hanno abitato

12 marzo 2021, 19:53

di A.M.

ANSACheck

Israel Mez�2 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Israel Mez�2 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Israel Mez�2 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Cosa significa cucina ebraica? Il concetto non è semplice. Se infatti in Italia la cucina è legata alle tradizioni regionali, in Israele esistono tante cucine ebraiche quanti sono i paesi che gli ebrei hanno abitato. Le tradizioni, geografiche e familiari, si sono evolute in passato e continuano a cambiare generazione dopo generazione. Varianti e adattamenti che rendono la cucina ebraica un fenomeno culturale vivo e dinamico. E la cucina israeliana non è sinonimo di cucina ebraica né, necessariamente, casher. Piuttosto, ne è una derivazione.
Lo spiega bene Fabiana Magrì, partner di Gusto Kosher e founder di "Beshushu. Il viaggio dietro le quinte" in cui disegna esperienze su misura per i viaggi e il tempo libero di qualità, per viaggiatori ed Expat nel mondo. Anche - e soprattutto - in Israele. "Per intenderci - osserva Magrì - se in Italia ogni regione ha le sue tradizioni culinarie, in Israele i piatti e le ricette cambiano in base alle radici di chi le cucina. Cioè: in Italia mangiamo in base alla geografia degli ingredienti. In Israele, invece, la differenza la fa la geografia umana. Russi e nord africani, europei, arabi e americani. Ogni ebreo che ha scelto Israele come patria ha portato con sé una storia fatta di memorie. Anche culinarie. E ogni chef Israeliano nel mondo - uno per tutti: Yotam Ottolenghi - ha intrapreso una nuova tappa del viaggio. Giovane, creativa e anticipatrice dei nuovi trend. Così è la cucina in uno stato moderno come Israele. Hai mai visto un cuoco spremere un pomodoro su un carpaccio di melanzane? Io sì. A Tel Aviv.”.


Altra cosa da spiegare è la casherut ossia l’insieme di regole alimentari indicate nella Torah, cioè nella Bibbia. Quindi è trasversale a tutte le tradizioni. Chiariamo anche che il termine kosher-style è un'invenzione, ed è chiaramente un paradosso. Non esiste una gerarchia, tra le indicazioni della casherut. O si mangia “kosher", cioè rispettando tutte le regole, o si mangia “taref”, cioè in maniera non conforme all'halakha, la legge.
"Non si pensi tuttavia che in Israele si mangi solo casher. Non tutti gli ebrei sono ortodossi. La tavola è un fattore fortemente identitario, non solo religioso, quindi la cucina ebraica vive, con le sue tradizioni, anche nelle case laiche", spiega Magrì, giornalisa di origini liguri, che vive tra Italia e Tel Aviv.
"La cucina israeliana, poi, è un tema molto interessante e ampio, con connotazioni sociologiche, storiche e anche politiche. Non è unicamente l'espressione culturale di una popolazione radicata nella sua terra, ma anche il prodotto culturale delle diverse tradizioni ebraiche, religiose e laiche, combinate con un'ambizioso progetto nazionale, mosso dall’ideologia socialista e dal movimento sionista, in tempi di austerità e massicce emigrazioni. Anche l'esperienza del kibbutz gioca un ruolo significativo - prosegue Fabiana Magrì che, sul tema della cucina ebraica, ha collaborato alla produzione del podcast Gusto Kosher, da primo evento live italiano dedicato all’enogastronomia ebraica a primo evento food italiano che si presenta in una versione nativa per l’ascolto.  -  Tutto era condiviso e si mangiava nelle mense comuni. Il cibo era considerato solo come un nutrimento, le ricette erano spartane, sostanziose ma scarsamente elaborate. Coltivare, cucinare e acquistare prodotti dalla terra di Israele era un atto di impegno sionista e poi di affermazione nazionale. E il cibo incarnava l’ideologia corrente. Solo recentemente, le seconde e terze generazioni dei nuovi israeliani hanno sentito il bisogno di riscoprire le proprie origini. Volendo fare un parallelismo tra il ruolo del cibo e quello della lingua ebraica, possiamo dire che entrambi si ponevano l'obiettivo di unificare la nazione. Una somiglianza, ancora oggi, tra lingua e cucina, è l’ininfluenza della zona geografica in Israele: non c’è differenza di accento tra ebrei che vivono a Tel Aviv, Haifa o Gerusalemme. La distinzione è invece evidente tra la parlata di un ebreo di origini russe e uno di provenienza italiana. E la pronuncia di un ebreo americano? Inconfondibile! Così il cibo. Tuttavia, mentre la lingua ebraica si è subito strutturata diventando ufficiale, in cucina invece, è come se i dialetti si fossero mischiati per dar vita a una sorta di grammelot culinario. Non si può poi trascurare la caratteristica - tutta israeliana - di anticipazione delle tendenze. Qui sono arrivate prima che altrove l’attenzione per la contaminazione e il fusion, per la filosofia farm-to-table, per il veganesimo, fino alla carne sviluppata in laboratorio. Insomma, a questo stadio della trasformazione culturale - che è ancora in atto - la definizione di cucina israeliana ha più a che fare con la creatività che con i piatti in sé.

Gusto Kosher Podcast Edition, dal 24 febbraio al 17 marzo,  è prodotto da Lebonton Catering, in collaborazione con Food Confidential e Beshushu, con il contributo dell’Ambasciata di Israele a Roma. Si (ri) ascolta su Spreaker, Spotify e Podcast Addict. A breve anche su Google Podcast, ITunes Apple, Podchaser, Deezer, Castbox e iHeartRadio. La prima stagione è una mini-serie di quattro episodi. Un viaggio alla scoperta della kasherut e una finestra sulla cucina israeliana. Ogni episodio è un’incursione nelle cucine degli chef. Si fanno chiacchiere, in compagnia di Giovanni Terracina, e di un ospite, sempre diverso. Primo episodio con Roy Salomon Caceres chef di origine colombiana, una stella Michelin per il ristorante Metamorfosi a Roma, lanciato nella nuova impresa Carnal - tema la melanzana;  Il secondo episodio è l’incontro con Ginevra Antonini, uno dei volti nuovi della “La Prova del Cuoco”- tema carciofo e topinambour;  Il terzo episodio ha per ospite Francesco Apreda, origini napoletane e spirito internazionale, una stella Michelin per il suo recente progetto Idylio by Apreda; Il quarto ospita Ornella De Felice, chef di Coromandel, il locale di Rom, che propone pasticceria artigianale e piatti creativi - tema i ceci.

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