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Sclerosi multipla, negli ultimi 20 anni rivoluzionate cure

Da interferone a biologici, farmaci hanno cambiato progressione

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ROMA - Fino a 20 anni fa era una malattia misteriosa, difficile da diagnosticare, che colpiva i giovani portandoli in pochi anni alla disabilità. Oggi la Sclerosi Multipla fa meno paura, grazie a tecnologie che permettono una diagnosi precoce e grazie a un armamentario terapeutico sempre più ampio che va dall'interferone agli anticorpi monoclonali. A fare il punto sui risultati della ricerca, è il Congresso Scientifico Annuale della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism), che si è aperto oggi a Roma.

"Negli ultimi 20 anni - spiega Monica Di Luca, docente di Farmacologia presso l'Università degli Studi di Milano - le nostre conoscenze sulla fisiologia del cervello hanno aumentato in modo esponenziale le possibilità di individuare i processi della malattia e nuove tecniche di imaging hanno rivoluzionato la capacità nella diagnosi": se prima servivano fino 7 anni, oggi si riesce ad avere risposta già in un paio di settimane. Anche se non esistono ancora terapie in grado di curare la Sclerosi Multipla, oggi in Italia ci sono a disposizione 16 farmaci dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale, in grado di modificarne il corso, contrastandone la progressione, e tra questi anche i primi ad assunzione orale. Il grande fermento degli ultimi anni ha riguardato soprattutto terapie per le forme recidivanti e remittenti, caratterizzate dalla comparsa improvvisa di sintomi acuti che regrediscono nel tempo. Ma la novità degli ultimi mesi è l'approvazione da parte dell'Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) del primo anticorpo monoclonale, espressamente rivolto alle forme primarie progressive, ovvero destinate a peggiorare velocemente e finora orfane di terapie. Sempre più vicine sono anche le terapie a base di staminali, ora in sperimentazioni sull'uomo e che vedono l'Italia capofila nei progetti di ricerca internazionali. A cambiare, è stato infine il modo in cui la persona con Sclerosi Multipla viene gestita nel suo percorso di malattia. "Fino a qualche decennio fa il paziente che accusava disabilità grave veniva in qualche modo abbandonato a se stesso, perché mancavano speranze di migliorarne le condizioni", spiega Giancarlo Comi, direttore Istituto di Neurologia sperimentale dell'IRCCS Salute San Raffaele di Milano. "Oggi - prosegue - anche grazie alle nuove terapie, viene seguito in tutte le fasi della malattia anche le più avanzate. E questa è una rivoluzione, non solo nel suo corpo, ma anche nella sua testa, perché gli da' una forza per combattere che prima era impensabile".

In collaborazione con:
AISM

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