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Gli apparecchi acustici aiutano l'udito e salvano la mente

Ferrara (SIGG), ma per la Sanita' e' un problema di serie B

Redazione ANSA ROMA

Portare un apparecchio acustico fa molto di più che ridare l'udito a un anziano: aiuta a rallentare il declino mentale che procede inesorabile con gli anni e che viene fortemente accelerato proprio dalla perdita di udito.

A darne conferma uno studio sul Journal of the American Geriatrics Society condotto da Helene Amieva dell'Università di Bordeaux, durato 25 anni, coinvolgendo 3670 soggetti over-65.

Lo studio è notevole per durata e grandezza del campione, spiega Nicola Ferrara, Presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia che fa notare: "nonostante l'elevata prevalenza dei disturbi uditivi in età geriatrica e le negative conseguenze sulla qualità della vita e sullo stato cognitivo, i deficit uditivi sono largamente sottodiagnosticati e sottotrattati". "C'è spazio per un maggiore utilizzo di apparecchi acustici, che sono cioè sottoutilizzati rispetto a tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno; per vari motivi, in primis perché questi apparecchi, visibili dietro l'orecchio, non sono ben accettati dall'anziano, ma anche perché c'è una scarsa sensibilità medica a questa problematica spesso ritenuta di secondaria importanza.

Se l'ipoacusia fosse riconosciuta non come patologia di serie B, per esempio proprio in considerazione del suo ruolo nel declino mentale, forse ci sarebbe un maggiore impulso da parte dei medici nel consigliare l'uso dell'apparecchio acustico. Infine, c'è una motivazione economica: il nomenclatore tariffario utilizzato in molte Regioni prevede solo un rimborso parziale del costo delle protesi e spesso non prevede l'utilizzo di protesi digitali che rappresentano il presidio più aggiornato per tali disturbi".

Svariati studi hanno documentato un legame strettissimo tra perdita di udito e declino delle capacità cognitive nell'anziano. In questo lavoro i problemi di udito e l'uso eventuale di apparecchi acustici sono stati determinati per l'intero campione, come pure il loro stato di salute cognitiva: 137 soffrivano di grave perdita di udito, 1.139 di problemi meno gravi e 2.394 non avevano problemi di udito. Nel corso dei 25 anni di osservazione tutti i soggetti sono stati ripetutamente sottoposti a test cognitivi per misurare la velocità del declino cognitivo. E' emerso che il declino mentale corre molto più rapido tra coloro che hanno problemi di udito e non indossano un apparecchio acustico, mentre procede allo stesso passo tra coloro che non hanno problemi di udito e quanti, pur soffrendone, indossano l'apparecchio.

Lo studio evidenzia una rapporto tra problemi di udito e declino mentale e mostra come questa catena negativa si possa spezzare solo indossando un apparecchio acustico.

"Per superare gli ostacoli culturali verso l'uso di apparecchi sarebbero necessarie campagne di sensibilizzazione sul problema della ipoacusia e della protesizzazione che coinvolgano sia ampi strati di popolazione sia la classe medica", conclude Ferrara. 

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