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Aiuto! I miei denti si sono spostati!

Aiuto! I miei denti si sono spostati!

Risponde la dottoressa Livia Nastri, membro della Commissione ANSA SIdP

08 gennaio 2021, 18:38

Redazione ANSA

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la dottoressa Livia Nastri - RIPRODUZIONE RISERVATA

la dottoressa Livia Nastri - RIPRODUZIONE RISERVATA
la dottoressa Livia Nastri - RIPRODUZIONE RISERVATA

Aiuto! I miei denti si sono spostati!

La posizione dei denti è il risultato di diversi fattori. Alcuni sono genetici, legati alla crescita della ossa del cranio e alla forma del volto, e determinano gli spazi nei quali i denti si dispongono durante l’eruzione, condizionando il risultato finale dell’occlusione di ciascun individuo.

Se la posizione dei denti si modifica in età adulta, se si verifica cioè una migrazione patologica dei denti (ovvero il loro spostamento in posizione anomala, irregolare) questo potrebbe essere un segnale di cui preoccuparsi. La sede più frequente di migrazione patologica è quella frontale, con il cosiddetto sventagliamento degli incisivi, che si allargano tra loro, si allungano e risultano più sporgenti con conseguenze estetiche talvolta drammatiche.

Lo spostamento dei denti è una delle conseguenze più frequenti delle parodontiti severe: infatti una percentuale variabile tra il 30% e il 56% dei pazienti può mostrare delle migrazioni.

Ma come succede tutto questo? Perchè all’improvviso ci si accorge che I denti si sono spostati?

Ciascun dente è solitamente stabile quando sussiste un equilibrio di forze con I denti adiacenti, con la lingua, con i muscoli delle labbra, con i movimenti masticatori e le eventuali abitudini parafunzionali quali (bruxismo, serramento) e la condizione dell’attacco parodontale, ovvero del legamento che trattiene I denti all’osso di supporto. Un’occlusione stabile e quindi il mantenimento della posizione dei denti richiede che questo attacco sia integro e in salute. Se il supporto osseo si riduce e il legamento diventa meno efficiente (come accade nella parodontite), i denti possono spostarsi dalla loro posizione: si possono allungare, possono sovrapporsi in parte tra loro, possono ruotare e anche inclinarsi.

L’altro fattore importante e spesso sopportante lo spostamento dei denti è la perdita degli elementi dentari nelle sedi posteriori masticanti: con la perdita dei contatti tra denti adiacenti e la riduzione della verticalità dell’occlusione (il cosiddetto collasso del morso) i denti residui possono inclinarsi nei settori posteriori mentre quelli anteriori non risultando più protetti durante la masticazione subiscono l’azione delle forze occlusali eccessive andando incontro al cosiddetto sventagliamento che si nota soprattutto a carico dei denti incisivi cioè nella zona frontale.

Le conseguenze delle migrazioni dentarie rappresentano un circolo vizioso nel quale la modifica della posizione dei denti, sia degli anteriori che dei posteriori, porta a deficit della capacità di masticare correttamente. Sugli elementi dentari che hanno subito la riduzione del supporto parodontale, e in mancanza di un numero sufficiente di denti deputati alla masticazione, le normali funzioni della cavo orale (masticazione, deglutizione, fonazione) inducono un sovraccarico che può contribuire a peggiorare la condizione del supporto parodontale stesso. Per interrompere il decadimento progressivo della dentatura e della masticazione, il primo passo, indispensabile, è il controllo della parodontite, dell’infezione correlata alla placca batterica e dell’infiammazione che ne deriva. In alcune situazioni la riduzione dell’infiammazione e della pressione esercitata da questa sui denti, induce un recupero della posizione del dente migrato. Più spesso le migrazioni dentarie richiedono interventi più complessi per il ripristino dell’integrità dell’arco dentario e dei rapporti di posizione tra I singoli elementi dentari, con terapie parodontali chirurgiche, protesiche , ortodontiche e piani di trattamento multidisciplinari. La parodontite dunque non si manifesta sempre con il sanguinamento gengivale; la sua progressione può essere silente, più subdola e condurre a conseguenze estetiche e funzionali di rilievo per la qualità della vita e della socialità dell’individuo, soprattutto negli stadi più gravi della patologia.

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