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Ricerca, con 15 miliardi dal Pnrr l'Italia può invertire la rotta

Ricerca, con 15 miliardi dal Pnrr l'Italia può invertire la rotta

Permetteranno una stagione di riforme

18 maggio 2021, 13:17

Redazione ANSA

ANSACheck

Modello delle stagioni nel Copernicus Science Centre di varsavia (fonte: Klarqa da Wikipedia) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Modello delle stagioni nel Copernicus Science Centre di varsavia (fonte: Klarqa da Wikipedia) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Modello delle stagioni nel Copernicus Science Centre di varsavia (fonte: Klarqa da Wikipedia) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Con l'investimento di 15 miliardi di euro per i prossimi sette anni grazie previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la ricerca italiana si prepara a invertire la rotta: lo ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca, Cristina Messa, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Brescia, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

“L’investimento complessivo in ricerca e innovazione, pari ora all’1,4% del PIL contro una media UE del 2,1% è ancora significativamente distante dal 3,1% della Germania. E dal 2013 la spesa pubblica in Ricerca e Sviluppo è in calo. Ciò ha comportato, tra i tanti effetti negativi, un insufficiente numero di ricercatori e la bassa capacità innovativa del Paese”, ha osservato il ministro.

“Ma per la prima volta nella storia di questo Paese – ha aggiunto - disponiamo di un intervento straordinario per la ricerca e l’alta formazione, circa 15 miliardi in sette anni che consentiranno, congiuntamente a una stagione di riforme condivise, di invertire la rotta". Per farlo, secondo Messa, "c’è bisogno dell’impegno e dell’intelligenza di tutti e dei giovani in particolare che invito, nonostante tutte le criticità, le debolezze e le contraddizioni del sistema, ad avere fiducia e a continuare a credere nel valore edificante della ricerca e della formazione”.

Semplificazione entro l'estate e nel gennaio 2022 al via l'aggregazione dei centri nazionali
E' previsto entro l'estate il primo passo verso regole più agili per la ricerca, "con il decreto semplificazioni e qualche riforma" e per gennaio 2022 potrebbe prendere il via la progressiva costituzione dei centri di ricerca nazionali previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ha detto all'ANSA il ministro Messa.
I centri nazionali "sono centri nuovi nel senso che nascono dall'aggregazione di centri esistenti attorno a un tema che è
una tecnologia abilitante. Tra queste - ha aggiunto il - quelle forti in Italia sono molte, dal calcolo parallelo al
settore biofarmaceutico all'agrifood, e che stiamo valutando".
Nel gennaio 2022 è quindi attesa una manifestazione d'interesse del ministero dell'Università e della Ricerca che definisca
obiettivi e criteri, alla quale dovranno seguire proposte dal basso. "L'obiettivo - ha proseguito - è stimolare
all'aggregazione. Vincerà la cordata migliore".
Il risultato sarà una mappa tecnologica attorno alla quale si potranno aggregare università, centri di ricerca e industria.
Avere centri nazionali significa, per il ministro, avere le forse necessarie per essere competitivi, vincere bandi e attrarre ricercatori in Italia.

“Creatività e curiosità fondamentali per le discipline scientifiche”
Nella stessa occasione il ministro Messa ha detto che “nei mesi di pandemia, la rapida produzione dei vaccini, la collaborazione fra scienziati di discipline diverse, le decisioni politiche suffragate da pareri scientifici hanno dimostrato l’interdipendenza delle conoscenze e delle tecnologie, facendo emergere la necessità di disporre e favorire le relazioni fra più conoscenze nonché la capacità di attraversare con pari sicurezza saperi scientifici, tecnologici, umanistici e artistici. Di conseguenza la ricostruzione della società post pandemica non potrà che ripartire da questa unicità del sapere”.

A questo fine, ha proseguito, "sarebbe opportuno integrare l’attuale concetto di STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) con la A di Arts, per trasformarlo in STEAM, che nella cultura significa recuperare e valorizzare quella sintesi creativa di competenze e saperi molteplici che ebbero nella stagione rinascimentale una delle espressioni più alte e significative. Del resto sebbene i processi innovativi poggino prevalentemente su robuste conoscenze scientifiche e tecnologiche, è altrettanto vero che questi processi sono innescati da curiosità, creatività, da un pensare diverso, la cui formazione richiede una cultura sempre più ampia, articolata.
Da qui l’unicità e la bellezza di tutta la ricerca: non c’è una ricerca di base e una applicata, una mossa dalla sola curiosità esplorativa, un’altra da finalità applicative: oggi la velocità con cui una ricerca di base diventa applicata è tale da non poter più distinguere nettamente tra le due, come d’altra parte una conoscenza applicata può sviluppare delle conoscenze di base che cambiano totalmente il settore scientifico di riferimento. Esiste quindi solo una buona ricerca e una cattiva ricerca. Se si guarda alle grandi svolte del pensiero scientifico e dell’innovazione tecnologica si coglie sempre l’originale creatività che travolge qualunque steccato disciplinare. Per questo mi piace parlare non più solo di STEM, ma di STEAM”.

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