"Una vasta area montuosa
dell'Appennino Centrale, di circa 740 chilometri quadrati. Una
montagna compatta, articolata in cime e valloni; dolce e sinuosa
verso occidente; scoscesa e aspra verso oriente. Boschi ricchi
d'acqua caratterizzano l'ampia depressione tettonica di
Caramanico, che separa ad est il dolce profilo arrotondato della
Maiella dall'impervia ripida pendenza del Morrone, ad ovest".
Così il presidente del Parco Nazionale della Maiella Lucio
Zazzara descrive la "Maiella. Montagna madre" nel libro di Carsa
edizioni così intitolato, quarto della collana
'Heritage/Patrimoni', con testi di 26 autori e scatti di oltre
40 fotografi. Presentato a Sulmona (L'Aquila), nell'Abbazia di
Santo Spirito al Morrone che ospita la sede del Parco, il volume
svela la straordinaria capacità di adattamento dell'uomo alla
natura e, come ha fatto notare il giornalista Carlo Cambi, uno
degli autori, aiuta a scoprire "l'inconsuetudine del consueto".
Illuminante il contributo del naturalista e botanico Aurelio
Manzi sul paesaggio agrario. "La mole compatta e bastionata
della Maiella, specialmente sul versante orientale che si
affaccia sull'Adriatico - scrive - evoca con forza un mondo
selvaggio, una natura ricca e prorompente. Forse potremmo
considerarla, per la sua posizione a ridosso del mare e per la
straordinaria ricchezza della flora, il 'Giardino pensile del
Mediterraneo'". Una ricchezza ben tutelata come spiega il
capitolo 'Parco Nazionale della Maiella, tra uomo e natura'
scritto da Luciano Di Martino con Simone Angelucci, Antonio
Antonucci, Marco Carafa, Marco Di Santo, John Forcone, Elena
Liberatoscioli, Giuseppe Maurizio Monaco. Ci sono due giardini
botanici - il 'Michele Tenore' a Lama dei Peligni e il 'Daniela
Brescia' a S.Eufemia a Maiella - una banca dei semi, un vivaio
per la riproduzione delle specie vegetali autoctone e un
erbario. Fra gli interventi, densi di spunti di approfondimento,
quello di Alessandro D'Ascanio, sindaco di Roccamorice, racconta
che "le giaciture d'asfalto e bitume sul versante settentrionale
della Maiella sono note e usate sin dalla Protostoria, ma il
loro sfruttamento industriale si avvia soltanto nel secondo
Ottocento postunitario". Una vicenda con "caratteri
assolutamente moderni, di rottura rispetto agli equilibri di una
montagna dai persistenti tratti pastorali".
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