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Il Colosseo? "Trasformiamolo in museo diffuso"

Lazio

Il Colosseo? "Trasformiamolo in museo diffuso"

Dalla facoltà di architettura un progetto per l'area centrale

ROMA, 07 luglio 2021, 11:20

di Silvia Lambertucci

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Non solo i generosi i restauri finanziati da Della Valle. Per ridare davvero al Colosseo e ai Fori la capacità di "raccontare al meglio una storia nella quale si può rispecchiare il mondo intero", ma anche per permettere a questo monumento icona di essere ritrovato e vissuto dai romani oltre che dai turisti, serve una riqualificazione dell'intera area archeologica centrale, che trasformi questo pezzo di città in un museo diffuso, un luogo senza recinzioni e steccati a dividere i monumenti, dove poter passeggiare, scoprire, stupirsi, vivere l'esperienza della storia.
    Parte da questa considerazione, il lavoro del Dipartimento di Architettura e progetto dell'Università La Sapienza di Roma, che a 40 anni dalla proposta di Raffaele Panella e dal fermento culturale che animava la capitale negli anni 80 del Novecento -quando esplodeva l'Estate Romana di Nicolini e un architetto come Carlo Aymonino guidava battagliero "l'assessorato per gli interventi al centro storico"- riapre l'annosa e dibattutissima questione della risistemazione dell'area archeologica centrale, un tema che soprattutto nell'ultimo quarto del secolo scorso ha impegnato tanti dei più grandi nomi dell'architettura. Da Aymonino, appunto, a Vittorio Gregotti con Leonardo Benevolo, Massimiliano Fuksas, Mario Manieri Elia. Oltre ad archeologi e giornalisti come Adriano La Regina e Antonio Cederna.
    Certamente un tema che a dispetto dei decenni trascorsi è ancora attuale, ancora di più forse in questa fase di ripartenza dopo il blocco della città e del turismo dovuto alla pandemia. La riflessione degli architetti dell'Università romana si articola a più voci e si arricchisce del contributo di studiosi di restauro, soprintendenti, archeologi, storici, museologi. Ma soprattutto torna a mettere sul piatto - contributo ad una politica forse ancora troppo distratta- anche un progetto concreto, che a partire dall'Anfiteatro Flavio e dalla sua piazza, oggi caotica e inconsistente, propone di fare ordine ricomponendo l'intera zona dei fori con l'idea di trasformarla in un museo diffuso, cuore pedonalizzato della capitale al quale affidare "il racconto della storia di una città complessa e stratificata". Frutto di una ricerca lunga tre anni coordinata da Orazio Carpenzano all'epoca direttore del Dipartimento di architettura e progetto oggi preside della Facoltà di Architettura della Sapienza (a guidare il Diap è ora Alessandra Capuano) , il progetto è il nucleo centrale di una pubblicazione in due volumi (IL COLOSSEO, LA PIAZZA, IL MUSEO, LA CITTÀ. Temi e progetti, Quodlibet Diap Print, euro 22 e euro 25) che verrà presentata questa sera alla Basilica di Massenzio da Daniele Manacorda ed Elisabetta Pallottino, alla presenza della direttrice del Parco archeologico Alfonsina Russo e dei due curatori Orazio Carpenzano e Filippo Lambertucci.
    L'idea è quella di un masterplan che metta insieme e ricomponga, amalgamandoli, i diversi elementi, dai monumenti archeologici agli edifici preesistenti, inserendone al contempo di nuovi, con spazi destinati al racconto della storia. Un lavoro di riequilibrio generale che prevede anche il recupero della leggibilità di quella che era la Valle del Colosseo e un forte ridimensionamento di via dei Fori Imperiali, ripensati come "tracciato mistilineo". Per ospitare il racconto della fortuna iconografica del Colosseo verrebbe restaurato e finalmente riportato in vita il cinquecentesco Palazzo Silvestri Rivaldi, oggi in stato di totale abbandono. Nell'attuale, inutilizzato, Antiquarium dovrebbe trovare casa, invece, il Museo del Colosseo, dedicato alla storia del monumento, mentre un edificio di nuova costruzione dovrebbe recuperare l'area del Ludus Magnus ricostruendo per i visitatori l'esperienza gladiatoria e la storia dei giochi circensi. La stessa piazza del Colosseo, infine, verrebbe riconfigurata, a partire dal ridisegno della pavimentazione in forma di fondo neutro su cui lasciare in evidenza una selezione coerente delle tracce archeologiche. Con il volume della base dell'antico Colosso (anch'esso oggetto negli '80 di un progetto di Carlo Aymonino poi non realizzato) che precisa l'ambito spaziale orientale e il margine del Colle Oppio che ricompone l'orografia dell'invaso.
    La sfida è lanciata. L'obiettivo ora è superare l'isolamento degli studiosi, convincere la politica "che ciclicamente mostra buone intenzioni ma non ha mai tempo per impostare il tema", come scrive nelle sue conclusioni il preside Carpenzano. La speranza, caparbia, rimane. Anzi, è il sentimento che sembra sostenere ogni singolo contributo di questo sforzo collettivo.
    Perché il mondo intero, sottolinea appassionato l'architetto, vorrebbe conoscere e farsi incantare dalla nostra storia. "E noi, che svolgemmo un grande ruolo nell'epoca del Grand Tour, potremmo oggi coinvolgerlo in una specie di Globar Tour".
   
   

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