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Le impiantarono uno sterno 3D in titanio, ora diventa mamma

Le impiantarono uno sterno 3D in titanio, ora diventa mamma

Tre anni fa l'intervento a Bologna. Madre e bimba stanno bene

BOLOGNA, 22 luglio 2021, 12:00

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Tre anni fa l'Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna le impiantò uno sterno in titanio stampato in 3D, in quello che all'epoca fu il primo intervento in Italia del genere: ora, a 30 anni, ha avuto una bambina al Sant'Orsola.
    Protagonista, una giovane donna pugliese colpita da un rarissimo tumore a cellule giganti dello sterno, di cui fino al 2018 erano riportati solo nove casi nella letteratura scientifica. Per la donna era stata realizzata una protesi in titanio su misura che ricostruisse la morfologia esatta dello sterno e delle sei costole (tre a destra e tre a sinistra). Insieme alla protesi erano state impiantate una fascia tendinea proveniente dalla Banca del Tessuto Muscolo-scheletrico del Rizzoli e una protesi di sintesi. I controlli, periodici, sono andati avanti nel corso degli anni, sempre con ottimi esiti. "Ma quando abbiamo saputo della gravidanza non nascondo che un minimo di apprensione c'è stata - racconta Michele Rocca, responsabile della Chirurgia toracica muscolo-scheletrica del Rizzoli, che eseguì l'intervento nel 2018 con la dottoressa Mariacristina Salone, sua collaboratrice - d'altronde avevamo sostituito due terzi dello sterno e sei costole con un impianto in titanio che si sarebbe trovato inevitabilmente a interagire con le naturali ma profonde modifiche del corpo durante la gestazione e poi al momento del parto". Così, la squadra che seguiva la giovane si è allargata al professor Gianluigi Pilu, direttore dell'Unità di Ostetricia e medicina dell'età prenatale del Sant'Orsola. Il momento del parto, seguito da Giuliana Simonazzi dell'equipe del Sant'Orsola, ha visto i chirurghi del Rizzoli vegliare sugli aspetti legati alla presenza dell'impianto in titanio. "È andato tutto bene, anche i controlli a cui qualche giorno dopo il parto abbiamo sottoposto la neomamma, che ora è tornata a casa con la sua bambina", spiega Rocca, sottolineando che "gli sforzi nella ricerca per trovare nuove tecnologie e modalità di cura possono riuscire a cambiare la storia dei pazienti che curiamo ogni giorno".
   

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