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L'Ue contro le finali a Wembley, Uefa e Gb la ignorano

L'allarme Delta divide il Vecchio Continente anche sugli europei

Redazione ANSA

L'incognita variante Delta, ultima mutazione da allerta rossa del Covid, divide il Vecchio Continente anche di fronte agli Europei di calcio. E a cavalcare l'allarme è soprattutto l'Ue, che sempre più esplicitamente invoca un trasferimento dell'ultimo minuto delle semifinali e della finale dalla sede designata di Wembley, evidenziando l'impatto dei nuovi contagi alimentati dal ceppo ex indiano del coronavirus registrati in primis nelle ultime settimane a Londra e nel Regno. Una richiesta che i vertici del football continentale peraltro non sembrano disposti ad accogliere. E che il governo britannico di Boris Johnson mostra di voler ignorare: imbaldanzito dalla sfida per i quarti con la Germania e sospinto forse anche dal sospetto che dietro la posizione di Bruxelles possa non esserci solo la paura o la prudenza, ma qualche traccia residua dei veleni del dopo Brexit.

"L'Uefa deve valutare molto attentamente" la possibilità di disputare le semifinali e la finale di Euro2020 a Wembley poiché c'è "asimmetria" da parte del Regno Unito, che da un lato "impone restrizioni ai cittadini britannici che viaggiano nei Paesi Ue, dall'altro accetta una massiccia presenza di visitatori europei" per assistere alle partite, ha attaccato oggi uno dei vicepresidenti della Commissione Europea, Margaritis Schinas, sollevando la questione per il secondo giorno di fila. E puntando il dito in particolare contro il via libera a un'impennata del numero degli spettatori preannunciata dal governo Johnson nei giorni scorsi. Anche "l'idea di uno stadio pieno in un momento in cui siamo così preoccupati per la variante Delta" dovrebbe "far riflettere" le autorità calcistiche, ha insistito l'esponente politico greco facendosi scudo dietro le riserve già manifestate sulla scelta londinese dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e prima di lei dal premier Mario Draghi. Alle parole di Schinas si sommano intanto quelle di Horst Seehofer, ministro dell'Interno e dello Sport della Germania, che definisce "irresponsabile" l'ok all'ingresso nel leggendario stadio londinese di oltre 60.000 spettatori a partire dalla semifinali, un terzo in più rispetto ai 43.000 ammessi oggi: e tuttavia si limita a chiedere a questo punto una riduzione dell'affluenza, piuttosto che non un problematico cambiamento di sede tout court.

Cambiamento che fonti dell'Uefa, sentite dall'ANSA prima delle ultime dichiarazioni rimbalzate da Bruxelles e da Berlino, sono del resto tornate ad escludere seccamente. Ribadendo che "le partite si svolgeranno dove previsto" e assicurando di aver concordato con Londra misure adeguate "per mitigare" i rischi: misure che includono, come per qualsiasi evento pubblico collettivo autorizzato al momento oltre Manica, la certificazione di un test Covid negativo non più vecchio di 48 ore per coloro che vogliano acquistare biglietti (già in larga parte venduti a prezzi che per le semifinali variano tra i 195 e i 595 euro, con gli ultimi tagliandi disponibili per la finalissima schizzati quasi a mille), quella del doppio vaccino ricevuto almeno 15 giorni prima, nonché il distanziamento obbligatorio tra non conviventi.

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