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Insulti razzisti e botte da hooligan, ira di Johnson

Il premier: 'Vergognatevi'. Anche il principe William 'nauseato'

Redazione ANSA LONDRA

 La sconfitta con gli azzurri - ai rigori, in casa e in barba alla convinzione diffusa della vigilia di poter sfatare un sortilegio che dura da 55 anni - fa male; ma ci sta e va accettata. Il ritorno delle scene di bestiale brutalità perpetrata da frange di hooligans a Wembley e dintorni o il razzismo da tastiera invece no. L'Inghilterra fa i conti con la micidiale delusione di Euro 2020, ma anche col cuore di tenebra di qualche vergogna ricorrente all'indomani dell'ennesimo scacco patito dalla sua nazionale di calcio. Della fine di un sogno - "riportare a casa il football" nella terra in cui nacque - coltivato a lungo con entusiasmo perfino sfacciato, e morto prima dell'alba di fronte all'Italia.
    Fantasmi affrontati in queste ore in modo (quasi) compatto, dai vertici delle istituzioni britanniche come dai media, mentre sale il tono della condanna contro i violenti. Quelli che hanno picchiato a calci e pugni, e quelli che hanno infangato il Paese nascosti dietro uno schermo per insultare (tirando in ballo il colore della pelle) i tre giovanissimi calciatori della squadra multietnica di Gareth Southgate - Marcus Rashford, Jadon Sancho e Bukayo Saka - 'rei' di aver sbagliato i penalty decisivi in finale. "Questa nazionale inglese merita di essere elogiata, sono eroi e non devono esser vittime di offese razziste. I responsabili dovrebbero vergognarsi di loro stessi", ha tuonato per primo via Twitter Boris Johnson, che dopo aver cavalcato la rincorsa dei ragazzi di Southgate - in nome dell'orgoglio post Brexit, del fiuto verso il consenso popolare, ma soprattutto della volontà di sposare un'immagine del Regno Unito come isola sempre più melting pot - cerca ora di stemperare l'amaro calice della disfatta inneggiando al "coraggio" d'una leva di talenti ventenni. Sperando magari in una rivincita già fra un anno ai mondiali in Qatar. Alle parole di BoJo è seguito il monito immediato di Scotland Yard, con l'impegno a indagare all'insegna della tolleranza zero. E a rafforzare il messaggio ha poi provveduto il principe William, presidente onorario della Federcalcio inglese (Fa) e secondo in linea di successione al trono della regina Elisabetta, reduce dall'aver dovuto inghiottire come Johnson l'epilogo di Wembley dalla tribuna, in compagnia della consorte Kate e del primogenito George, il cui volto desolato - alla fine dei giochi - è diventato il simbolo di quella tristezza per un'illusione svanita all'ultimo secondo che solo un bambino, royal o meno, sa esprimere appieno. "Sono nauseato", ha scritto William dal suo profilo ufficiale social di Kensington Palace, deciso evidentemente ad allontanare pure le ombre di razzismo fatte aleggiare su un anonimo componente di casa Windsor nei mesi scorsi dai duchi ribelli Harry e Meghan. Questi "abusi abominevoli - ha rincarato - debbono cessare qui e ora, e tutti coloro che ne sono responsabili dovranno risponderne".

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