Già impenetrabile in difesa ed affidabile in attacco, l'Italia contro il Galles ha ritrovato in Marco Verratti quella pedina di cui aveva bisogno a centrocampo per legare ancor meglio le fila del progetto manciniano. In una domenica sportiva di riscoperte, come attesta la vittoria di Marc Marquez al Sachsenring, il pescarese ha giocato la prima partita della carriera nella fase finale di un Europeo, vista l'assenza nel 2016 a causa della pubalgia. Rientrato - dopo quasi 40 giorni di stop per la lesione del legamento collaterale del ginocchio destro - nella partita che ha sancito la vittoria azzurra nel gruppo A il 28enne, dal 2012 baricentro del Paris SG, non solo ha fornito a Pessina l'assist del gol vittoria, ma soprattutto ha convinto per personalità ed efficacia. E se alla fine ha ringraziato Mancini "che mi ha aspettato", c'è da scommettere che il Ct ora è ben felice di aver fortemente creduto nella possibilità di recuperarlo. La sua lucidità non è sfuggita ai commentatori 'neutrali', che l'hanno infatti sottolineata, da L'Equipe al Guardian. Muovendosi preferibilmente lungo la linea di metà campo, in 93 minuti Verratti ha equamente distribuito palloni verso tutti i settori, con precisione quasi chirurgica. Complessivamente ha accumulato 136 tocchi (eguagliando il Pirlo di Euro 2012), dal suo piede sono partiti 113 passaggi, 106 dei quali hanno raggiunto l'obiettivo, con una percentuale positiva del 94%. La sua funzione di cerniera tra i reparti è evidenziata dai compagni con i quali ha dialogato di più: destinatari preferiti Bastoni (20), Jorginho (17) e Bernardeschi (14); a sua volta Verratti è stato il riferimento più scelto ancora da Bastoni (17), seguito da Emerson (16), Jorginho (15) e Bonucci (13). Una presenza non appariscente quella della 41/a in azzurro, anzi sobria, ma in controllo del gioco. Il ritorno di Verratti fornisce alla trame di Mancini un'altra marcia. In una squadra senza stelle è la variabile che può disorientare gli avversari grazie al suo ruolo un po' vagabondo nel cuore del centrocampo. Quello che gli viene universalmente riconosciuto è di non avere paura del possesso, "con quel suo modo di muovere il piede sopra la palla, come un mago di strada che ti sfida a trovare la moneta sotto la tazza" scrive il Guardian. Dopo un girone comodamente vissuto nell'Olimpico di Roma che l'ha coccolata, ora anche l'Italia dovrà iniziare a viaggiare in ossequio alla formula itinerante di questo Europeo. Sabato Wembley il palcoscenico degli ottavi. Poi, si augura Mancini, l'attende un quarto di finale più impegnativo, magari il Belgio a Monaco. Comunque con la certezza di aver ritrovato il suo piccolo, agile, playmaker. La musica dell'Italia ora ha una meravigliosa nota di variazione.