Continua il lavoro di
sensibilizzazione della principessa Soraya Malek d'Afghanistan a
sostegno del popolo afgano, stremato da una crisi umanitaria
gravissima, da quando il governo di Kabul è in mano ai Telebani.
Un lavoro che Soraya Malek, nipote dei "sovrani modernizzatori"
che hanno regnato in Afghanistan nei primi del Novecento, porta
fin dentro le scuole, per far conoscere il dramma di milioni di
persone, alle prese con la fame e i timori di un regime
autoritario che non lascia spazio alla libertà personale.
Il 9 dicembre, la principessa afgana incontrerà gli alunni
della scuola secondaria Rosa Parks dell'Istituto Comprensivo
Simonetta Salacone di Roma, laboratorio multiculturale, nei
quartieri orientali della Capitale di Prenestino Labicano
Pigneto. Una scuola che ha saputo affrontare le sfide della
profonda trasformazione che sta vivendo l'intero Paese, dal
serrato confronto con culture, tradizione e religioni diverse.
"Nelle periferie cresciute negli anni '60, in quello che un
tempo era l'agro romano, l'Istituto Simonetta Salacone prova a
costruire l'Italia che verrà e il mondo che vorremmo": è quanto
afferma la dirigente scolastica Rosanna Labalestra, promotrice
dell'incontro, organizzato dall'associazione Territorium.
"Portare la voce dell'Afganistan nelle scuole è certamente il
modo migliore per far conoscere ai giovani il difficile momento
storico che sta vivendo il paese centro asiatico, soprattutto
affrontare temi complessi come la dignità e il rispetto".
La principessa Soraya Malek, nipote del Re Amanullah e
della Regina Soraya, sovrani promotori di importanti riforme
come l'uguaglianza dei sessi, la prima Costituzione,
l'introduzione della scuola dell'obbligo per maschi e femmine,
porta la testimonianza di un paese, dove la sospensione degli
aiuti umanitari sta letteralmente portando milioni di persone in
condizioni di insicurezza alimentare. Ripercorre quindi la
storia dell'Afghanistan, le vicissitudini degli ultimi
trent'anni di guerre, occupazioni e violenze, è fondamentale per
comprendere anche le responsabilità dell'Occidente nei confronti
di un popolo abbandonato al proprio destino.
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