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>ANSA-FOCUS/ "Riapriremo tutto",a Bucha e Irpin fretta rinascere

Primi lavori dopo i massacri. Anche al seminario di Vorzel

(dell'inviata Manuela Tulli) (ANSA) - VORZEL, 06 MAG - All'ospedale di Irpin un operaio sulla scala monta le prime finestre sostituendo il cellophane che le copre da qualche settimana, dopo gli attacchi subiti nei giorni dall'occupazione russa. A Borodjanka squadre sono al lavoro per riparare la rete elettrica. Nelle casette devastate di Bucha un anziano è nell'orto per portare via i frantumi causati dalle esplosioni.
    Nelle città degli orrori alle porte di Kiev c'è fretta di rinascere e, nonostante il conflitto sia tutt'altro che finito, ci sono le prime squadre di operai per cominciare a rendere di nuovo vivibili quei borghi in cui sono state commesse le maggiori atrocità. Anche la fossa comune, adiacente alla chiesa ortodossa di Sant'Andrea a Bucha, è stata ricoperta e le salme tutte trasportate nel cimitero. A ricordare che lì si è consumato un crimine di guerra ci sono oggi i fiori lasciati da chi viene qui a pregare.
    Vuole rinascere anche il seminario di Vorzel. Immerso in un parco con le casette a misura d'uomo e la chiesa rossa dedicata al Sacro Cuore, è il luogo dove si formano i futuri sacerdoti di Kiev. Erano in venticinque, più il rettore, il vice rettore e il padre spirituale, quando il 25 febbraio hanno deciso di lasciare tutto in fretta. "Avevamo sentito il 24 i primi attacchi al vicino aeroporto di Hostomel. Il 25 mattina ho deciso: andiamo via. Ho detto ai ragazzi che avevano un quarto d'ora per fare colazione e mezz'ora per fare una borsa con le cose che volevano portare via", racconta all'ANSA padre Ruslan Mykhalvik, 42 anni, rettore della struttura.
    I giorni seguenti la devastazione: prima due missili danneggiano il caseggiato. Poi l'armata russa ne fa una base d'appoggio mettendo tutto all'aria e rubando quante più cose possibili: computer, tv, la lavatrice "ma anche tutte le pentole e le scarpe da ginnastica usate", racconta don Ruslan che non nasconde il sospetto che nei giorni dopo la ritirata dei russi, a rubare, soprattutto "beni alimentari", siano stati anche le persone del posto "che non avevano più neanche acqua e cibo", dice con un sorriso senza nessuna ombra di acrimonia nei confronti di questi ultimi.
    Il seminario è ancora sottosopra ma tra i dolori più grandi, per quanto fatto dagli occupanti dell'armata russa, c'è la parziale distruzione della statuetta della Madonna "che avevamo portato da Fatima dal nostro ultimo pellegrinaggio in Portogallo" e il trafugamento del calice che aveva usato Giovanni Paolo II nella messa che aveva celebrato qui nel corso della sua visita del 2001.
    Da una decina di giorni il rettore e il padre spirituale sono tornati per fare la conta dei danni e cominciare a fare ordine.
    Bottiglie di vodka sparse ovunque, per non parlare della cappella che era stata usata a sfregio come toilette. Ora, dopo due mesi, sono state ripristinate corrente elettrica ed acqua.
    "Vorremmo riaprire a settembre", auspica il giovane rettore spiegando che i ragazzi sono stati trasferiti nel frattempo a Horodok per finire l'anno e dare gli esami. Interverrà per questo una fondazione vaticana. "Come già sosteniamo ogni anno i circa novecento seminaristi del Paese, così sentiamo il dovere di consentire la riapertura, nel più breve tempo possibile, di un seminario oltraggiato dall'orrore", dice il direttore di Acs-Italia Alessandro Monteduro, in questi giorni in missione in Ucraina, assicurando che la fondazione si farà carico di tutte le spese per riparare i danni e per acquistare tutto quanto è stato trafugato. (ANSA).
   

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