di Alessio Jacona*
Lo scorso 8 novembre Maria Chiara Carrozza, presidente del CNR, ha aperto l’evento "L'intelligenza artificiale nell'Italia post pandemia", terza edizione del convegno organizzato a Roma dall'Osservatorio IA dell'ANSA, durante il quale esperti, imprenditori, scienziati e rappresentanti delle istituzioni si sono confrontati sullo stato dell’arte e sulle prospettive dell’IA in Italia e nel mondo. Ecco di seguito il video dell’intervista (circa undici minuti) e alcuni dei punti salienti emersi durante la conversazione:
1. L’intelligenza artificiale richiede ancora molta ricerca fondamentale: ci sono già buoni risultati e applicazioni in molti campi, dalla diagnostica medica al riconoscimento dei volti, all’emulazione dei processi cognitivi, ma c’è ancora molto da fare e siamo solo all’inizio.
2. Il PNRR prevede fondi per la ricerca fondamentale in questo settore e il CNR farà la sua parte in questo senso. Tuttavia l’IA da sola non basta: serve investire anche sulla data science e servono dati di qualità, quindi è necessario predisporre infrastrutture adeguate a raccoglierli ed analizzarli.
3. L’IA ci salverà risolvendo tutti i nostri problemi (come sperano alcuni) o minaccia di distruggerci (come temono altri)? Secondo la presidente del CNR Maria Chiara Carrozza è ancora troppo presto per capirlo e prendere una posizione a riguardo. Ciò dipende anche dal fatto che l’IA è il tentativo di emulare l’intelligenza umana, ovvero di riprodurre qualcosa di cui sappiamo ancora pochissimo, e il cui studio sarà una delle frontiere delle ricerca scientifica nei prossimi anni.
4. Resta tuttavia il fatto che l’IA è già uno strumento potente, e che essa può essere usata per il bene o per il male. Visto che - spiega la presidente - la tecnologia di per sé è neutra, spetta a noi applicare un codice etico nel momento in cui decidiamo di farne uso.
5. È ancora presto per parlare di robot umanoidi (come ha fatto Elon Musk, che ne ha presentato addirittura uno): sebbene è prevedibile che questi avranno uno sviluppo importante nei prossimi anni, oggi le tecnologie non sono ancora mature. Il problema non è nei sistemi di controllo, quanto piuttosto nell’hardware: non esistono batterie abbastanza potenti e al contempo leggere, non esistono motori abbastanza efficienti, e non esistono nemmeno i materiali adatti a costruire una macchina che possa emulare efficacemente il corpo umano e i suoi movimenti. Serve studiare ancora molta biomeccanica, creare nuovi materiali e nuovi meccanismi di conversione dell’energia. Anche per questo i primi robot che stanno arrivando e arriveranno avranno applicazioni molto specifiche, come l'accompagnamento o il supporto nei movimenti.
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*Giornalista, esperto di innovazione e curatore dell’Osservatorio Intelligenza Artificiale ANSA.it
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