"Aveva gli occhi fuori dalle
orbite. Era indemoniato e diceva: vi ammazzo. Quando l'ho visto
girarsi e andare verso la cucina e il cassetto dei coltelli ero
sicuro che lo avrebbe fatto". Alex Pompa racconta così ai
giudici della Corte d'Assise di Torino la sera del 30 aprile di
un anno fa, quando uccise il padre Giuseppe, 52 anni. Alex
racconta di come il loro appartamento di Collegno, alle porte di
Torino, era diventata una prigione.
In aula ad ascoltare il giovane c'erano il fratello Loris e
la mamma Maria che, prima della testimonianza, lo ha accarezzato
sul volto.
"Ogni sera abbracciavamo mamma più forte pensando che il
mattino dopo, forse, non l'avremmo più rivista. Sono intervenuto
solo per evitare che mia madre subisse un'altra aggressione",
sostiene il ragazzo. Quell'uomo, ricorda il figlio, "diceva che
ci avrebbe ammazzato e ci avrebbe buttati in un fosso. Era
incontrollabile - continua - e ho capito che l'avrebbe fatto
davvero. Il mio istinto di sopravvivenza ha pensato solo ad
anticiparlo".
Alex, difeso dall'avvocato Claudio Strata, parla di una
colluttazione e dell'omicidio. "Da quel momento non ricordo più
niente. Basta così", conclude. Per il pm Alessandro Aghemo i
coltelli usati dal Alex Pompa in realtà sono stati sei e il
padre è stato assassinato con 34 coltellate.
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