I cadaveri dei 9 dispersi del
naufragio dello scorso 30 giugno, verificatosi fra Lampedusa e
l'isolotto di Lampione, sono ancora in fondo al mare. Secondo
quanto venne accertato - era però l'otto luglio - dal robot
della Guardia costiera, un corpo era adagiato all'interno dello
scafo, mentre gli altri otto erano sul fondale adiacente. Da
allora, giorno in cui il relitto venne localizzato - a 90 metri
di profondità - dal robot sottomarino (Rov) in dotazione della
nave Dattilo della Guardia costiera, tutto è rimasto fermo. Per
recuperare i corpi dei migranti che hanno perso la vita, e che
erano stati appunto localizzati, servono i finanziamenti
necessari. Denaro che dovrebbe essere stanziato dal Governo che
dovrebbe anche dare l'autorizzazione al recupero. Ma al momento,
né a Lampedusa, né ad Agrigento ci sono informazioni in tal
senso. Da ambienti vicini alla Procura della Repubblica di
Agrigento si apprende che per reperire i fondi necessari si
starebbe interessando la Caritas.
Nella tragedia persero la vita sette donne, una delle quali
incinta di 2 mesi, e 46 furono invece i superstiti. La Procura
di Agrigento, con a capo Luigi Patronaggio, aprì immediatamente
un'inchiesta per il naufragio e per favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina. A coordinare il fascicolo anche
il sostituto Maria Barbara Cifalinò. Proprio il procuratore capo
volle che, con un robot, si procedesse alla ricerca dei corpi
dei dispersi e poi dispose - nel momento in cui l'imbarcazione
fu localizzata - che venissero realizzate delle foto e delle
videoriprese del relitto e dei corpi in modo da avere il maggior
numero di informazioni utili alle indagini.
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