(di Mauretta Capuano)
EDITH BRUCK, IL PANE PERDUTO (LA NAVE
DI TESEO, pp. 128, euro 16)
Non conosce l'odio Edith Bruck, vorrebbe che questa parola
"venisse cancellata dal dizionario", ma rimane ancora l'urlo
dentro perché si continua a "negare, rimuovere, mistificare".
Scrittrice, poetessa, giornalista di origine ungherese, nata in
una povera e numerosa famiglia ebrea nel 1931, sopravvissuta ad
Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen, la Bruck ripercorre la sua
vita, dalla deportazione nei campi di concentramento, quando era
ancora bambina, al presente, perché adesso "è ancora più
importante ricordare" dice all'ANSA.
Sessant'anni dopo l'autobiografia 'Chi ti ama così', il suo
primo libro scritto in italiano, torna alla memoria ne 'Il pane
perduto' che esce per La nave di Teseo.
"Bisogna stare in guardia. Siamo in pochissimi ormai e quindi
dopo di noi cosa succederà? Dopo di noi non faranno altro che
cancellare, rimarranno i musei. Non ci sarà la viva voce che
racconta. Il memoriale di Dachau già non corrisponde
assolutamente alla realtà. Hanno ricostruito una cabina di legno
come fosse quello il modello dove vivevamo. Hanno distrutto un
crematorio e ora un altro. Rimarrà soltanto quello più grande.
Stanno lentamente cancellando le cose vere, autentiche. I
tedeschi sono riusciti a distruggere molte cose prima che
arrivassero i liberatori", racconta la Bruck che da anni
incontra tanti ragazzi nelle scuole.
"C'è un equivoco. Molti ragazzi a scuola pensano che il 27
gennaio tutti i campi furono liberati. E' una cosa gravissima,
perché dopo il 27 sono morte molte più persone di prima. Ci
spostavano da un lager all'altro per allontanarci il più
possibile dalla liberazione. Allora incominciò la famosa marcia
della morte in quasi tutti i campi. Era proprio la distruzione
finale" spiega la Bruck, traduttrice, giornalista, anche per la
tv, sceneggiatrice.
I rischi che viviamo sono la "memoria distrutta" ma
soprattutto, "la marcia della destra, questo nuovo nazismo,
razzismo. Questo fa più male di tutto" dice la scrittrice che
dopo vari pellegrinaggi è approdata nel 1954 definitivamente in
Italia, dove ha incontrato e sposato il poeta e regista Nelo
Risi, e vive da molti anni a Roma.
"L'Italia era più ospitale e umana di oggi. Anche la politica
prima era più chiara, adesso è una confusione completa. Cosa
vuol dire oggi sono di sinistra? Non si sa chi è di sinistra e
chi non lo è. Sappiamo solo chi è di destra e questo è tragico.
Non è Conte la tragedia, né i Cinque Stelle. Meloni e Salvini,
questa è tragedia" afferma la Bruck che chiude 'Il pane perduto'
con una lettera a Dio.
"Avevo una mamma molto credente. Io avevo sempre dei dubbi.
Dialogavo nella notte e lo faccio anche adesso. Mi chiedevo come
fosse possibile quello che succedeva, che sta accadendo e le
risposte non ci sono. Forse Dio non c'entra niente, veramente è
stato strapazzato. La mia lettera vuol essere
un ringraziamento per essere tornata migliore di quando mi hanno
deportata e per non aver nessun sentimento di odio. E' una
grande libertà interiore" spiega.
Nell'autobiografia racconta il rapporto con la sorella
maggiore Judit nei campi di concentramento, la morte dei
genitori, la miracolosa salvezza e il senso di estraneità verso
i parenti, il tentativo di insediarsi in Israele, le tournée in
Europa con un corpo di ballo di esuli, l'arrivo in Italia, a
Napoli, e la direzione di un centro estetico frequentato dalla
"Roma bene" degli anni Cinquanta. L'incontro e l'amore fino alla
fine con Nelo Risi, "un angelo in questa terra che non lo
meritava", e la passione per la scrittura che "è come il
respiro, l'ossigeno" racconta l'autrice di 'Andremo in città',
da cui
Risi ha tratto l'omonimo film, e di libri come 'Le sacre nozze',
'Nuda proprietà' e 'Versi vissuti' che raccoglie i suoi tre
libri di poesie. Uno nuovo, 'Tempi' è in arrivo, sempre per La
nave di Teseo.
"I poeti vedono oltre o prevedono. La poesia per me è come
una gravidanza. Le cinquanta poesie di 'Tempi' sono molto
attuali, c'è il virus, l'educazione dei giovani. E' una specie
di manuale morale, a parte i ricordi di mia madre e mio padre.
L'ultima poesia è del 27 gennaio 2020. Per la giornata della
memoria "tutti si svegliano. A gennaio scoppia la memoria e
storpia" dice la scrittrice che non ha mai usato il computer.
"Primo Levi mi voleva convincere a utilizzarlo", ma "ho scritto
tutti i miei libri a mano" spiega. E anche adesso che sta
perdendo la vista, dice "non potrei dettare un libro. Potrei
scrivere anche nel buio".
Nei giorni duri del primo lockdown, "quando ho visto i morti
sui camion ho pianto disperatamente. Sono molto diversi, sia
chiaro, dai morti sui carri dei campi. E' una cosa preoccupante
che i medici siano costretti a scegliere chi salvare". E
nonostante "il vento nero che sta arrivando in tutto il mondo"
la Bruck spera "sempre: lo facevo anche nei campi" dice.
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