È vero che la fusione nucleare non produce scorie dannose per l’uomo e l’ambiente?
Il processo di fusione non produce scorie radioattive pericolose tali da dover richiedere un apposito stoccaggio a differenza delle centrali a fissione attualmente in esercizio

Redazione ANSA
03 gennaio 2024 - 17:22
Rappresentazione grafica della macchina sperimentale per la fusione nucleare Dtt (fonte: Enea/DTT) © Ansa

Cosa verifichiamo
L’energia da fusione è quella prodotta con lo stesso meccanismo che ‘accende’ gli astri: riprodurla sulla Terra significa rendere disponibili fonti energetiche illimitate, sicure e pulite. Ma come viene prodotta?

Analisi

L’energia da fusione, spiega l'Enea, è un processo nucleare distinto dalla fissione, il nucleare “tradizionale” su cui si basano le centrali attuali, dove l’energia viene generata dall’urto fra un neutrone e nuclei di atomi molto pesanti, come l’uranio, che si rompono in frammenti più piccoli e producono scorie radioattive. La reazione di fusione viene riprodotta all’interno del Tokamak utilizzando il deuterio, una forma di idrogeno di cui è ricca l'acqua di mare (30 g/m3) e il trizio, generato direttamente in un ciclo chiuso all’interno del Tokamak a partire dal litio presente nel rivestimento. Deuterio e trizio vengono immessi nella camera di reazione e portati a temperature di 200 milioni di gradi, oltre dieci volte la temperatura all’interno del sole, trasformandosi in un composto di particelle cariche separate, nuclei ed elettroni, ovvero in plasma.

Per arrivare a questo risultato, precisa l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, si impiegano sistemi altamente sofisticati, basati sull’uso di onde elettromagnetiche o di fasci di particelle neutre. Per evitare che le particelle di plasma si muovano disordinatamente, urtando e danneggiando le pareti, perdendo energia preziosa e, di conseguenza, inibendo la reazione di fusione, intorno alla camera di reazione all’interno del Tokamak vengono collocati grandi magneti che hanno il compito di produrre campi magnetici in grado di ‘confinare’ il plasma.

Il passaggio dalla reazione di fusione alla produzione di energia elettrica avviene attraverso i neutroni generati dall’unione fra il deuterio e il trizio: l’energia dei neutroni viene depositata all’interno del mantello della camera di reazione dove viene trasformata in vapore che alimenta una gigantesca turbina per produrre energia elettrica. L’elio, l’altro prodotto del processo di fusione, viene smaltito senza problemi. La caratteristica della fusione è la capacità di autosostenersi grazie all’energia prodotta nella fusione stessa; tuttavia, il processo va costantemente alimentato iniettando gas di deuterio e trizio nella camera di reazione e rimuovendo l’elio prodotto. Infatti, se l’iniezione cessa, la reazione si spegne immediatamente. Da qui l’intrinseca sicurezza del sistema.

Come spiega Paola Batistoni, il fisico nucleare Enea responsabile della Divisione Sviluppo della Fusione, la fusione è sicura "perché nell’impianto in ogni momento non abbiamo più di qualche grammo di idrogeno. In qualsiasi momento basta interrompere il flusso di idrogeno e si ferma tutto. Gli elementi di radioattività negli aspetti nucleari sono ridotti rispetto alla fissione perché nella reazione di fusione non si producono scorie radioattive che richiedono depositi geologici permanenti. Vi è tuttavia una radioattività residua nelle pareti del reattore di acciaio che, alla fine della vita della centrale, devono essere smantellate con metodi robotici. Stiamo sviluppando, però, acciai speciali affinché la radioattività decada in circa centocinquant’anni”, precisa Batistoni.

“Con un chilo di combustibile per la fusione nucleare si produce la stessa quantità di elettricità di 6500 tonnellate di gas naturale: energia inesauribile (sia il deuterio sia il litio sono estremamente abbondanti sulla Terra) e senza produzione di CO2, l’anidride carbonica che provoca i cambiamenti climatici - rileva il fisico nucleare dell'Enea -. Stiamo lavorando perché entro il 2050 possa essere pronta la prima centrale a fusione nucleare per contribuire a dare risposta ai problemi energetici di domani”, aggiunge.

L’esperimento condotto con successo nell’impianto sperimentale europeo di Culham (Oxfordshire) in Gran Bretagna, di cui si è parlato molto l’anno scorso, osserva l'Agenzia governativa, ha già dimostrato che si riesce a sostenere e controllare il processo di fusione.

Nell’ambito di una collaborazione internazionale che include Europa, Giappone, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Corea del Sud, si sta realizzando nel sud della Francia, a Cadarache, il reattore sperimentale a fusione Iter, un reattore dimostrativo da 500 megawatt che consentirà di dimostrare la fattibilità dell’energia da fusione con un guadagno di potenza pari a dieci. Anche l’Italia partecipa a questa sfida tecnologica, con Enea che nel suo Centro Ricerche di Frascati sta realizzando il Dtt - Divertor Tokamak Test, in collaborazione con Eni e un pool di istituzioni di ricerca e Università. Si tratta di una facility sperimentale che dovrà dare risposte ad alcuni dei nodi più complessi sul cammino della fusione, sperimentando diverse configurazioni magnetiche e soluzioni idonee per l’estrazione della potenza di fusione. Il Dtt prevede oltre 600 milioni di investimenti (di cui 250 di prestito Bei che lo ha inserito tra i Progetti strategici), con ricadute economiche stimate in 2 miliardi di euro.

Intorno al Dtt nascerà una vera e propria cittadella internazionale della ricerca, aperta a ricercatori e scienziati di tutto il mondo. È un processo nucleare distinto dalla fissione, il nucleare “tradizionale” su cui si basano le centrali attuali, dove l’energia viene generata dall’urto fra un neutrone e nuclei di atomi molto pesanti, come l’uranio, che si rompono in frammenti più piccoli e producono scorie radioattive.

Conclusioni

Il processo di fusione non produce scorie radioattive, e, di conseguenza, non ci saranno eventuali criticità legate a materiali residui da smaltire né potranno avvenire incidenti nelle centrali del futuro che coinvolgano la popolazione. Vi è tuttavia una radioattività residua nelle pareti di acciaio del  reattore che, con un’opportuna scelta dei materiali, non richiede smaltimento in depositi permanenti.

Fonti
Enea - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile
Paola Batistoni, fisico nucleare responsabile della Divisione Sviluppo della Fusione - Enea

https://www.ricercanucleare.enea.it/

https://www.ricercanucleare.enea.it/il-dipartimento/sviluppo-energia-da-fusione.html

 

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