La Cina contro Donald Trump e il suo divieto per WeChat e TikTok. Pechino torna ad accusare gli Stati Uniti di "bullismo" e annuncia contromisure, fra le quali l'imposizione di limiti all'attività delle società straniere che "minano la sovranità nazionale della Cina e i suoi interessi di sicurezza e sviluppo". All'attacco del presidente anche TikTok, che presenta la sua seconda azione legale contro il tycoon. ByteDance, nei documenti depositati in tribunale, ribadisce come a suo avviso Trump abbia prevaricato la sua autorità per motivi politici e non per fermare quella che ha pubblicamente definito come "una straordinaria minaccia" agli Stati Uniti. Con il divieto e lo stop, l'amministrazione andrebbe poi a colpire il Primo Emendamento della Costituzione sulla libertà di espressione, aggiunge il colosso cinese. "Distruggerebbe una comunità online dove milioni di americani si uniscono per esprimersi", incalza TikTok mettendo in evidenza come Trump ha "ignorato le prove" che mostrano l'impegno dell'app alla privacy e alla sicurezza degli americani.
Il contrattacco cinese arriva a poche ore dall'entrata in vigore dello stop americano a WeChat e TikTok che, a partire da domenica, non potranno più essere scaricate da chi è negli Stati Uniti. Per WeChat il blocco include anche quello delle transazioni e dei pagamenti, mentre per TikTok per ora è limitato ai download: una stretta più decisa arriverà il 12 novembre e dipende dal possibile accordo con Oracle. L'intesa iniziale siglata dal colosso americano e ByteDance non ha incontrato i favori della Casa Bianca. Le trattative proseguono serrate a caccia di un accordo in tempi strettissimi. Il Dipartimento del Tesoro, che preme per un'intesa, sta lavorando con le due società per cercare di districare i nodi sul tavolo, in primis quello della proprietà di TikTok. Trump punta a un controllo di maggioranza da parte di investitori americani, mentre l'intesa iniziale prevedeva a Oracle una quota di minoranza del 20%. L'accordo su cui si lavoro per la TikTok 'americana' prevede per la società una sede negli Stati Uniti e una possibile quotazione nel giro di un anno. Anche a fronte della benedizione di Trump a un'eventuale intesa, la partita non sarebbe comunque chiusa. La Cina deve esprimersi sull'operazione e, alla luce delle recenti tensioni, un via libera non è scontato.