"La Commissione sostiene pienamente la necessità di intervenire nelle aree colpite dai disastri naturali", ha ricordato il portavoce Ue, e per questo "le regole Ue sugli aiuti di stato consentono esplicitamente e forniscono ampi margini agli stati membri per compensare le imprese per i danni reali subiti come conseguenze dei disastri naturali". La precedente legislazione italiana, in vigore ancora quando avvenne il terremoto del 2009, però, non richiedeva di dimostrare i danni subiti. Di conseguenza, "un'azienda registrata nell'area colpita ma senza alcuna presenza fisica o attività economica nell'area era intitolata a ricevere il sostegno pubblico", ha spiegato il portavoce. Quindi alcune imprese si sono ritrovate con "un indebito vantaggio economico sulle loro concorrenti". Secondo le regole Ue, questo costituisce un aiuto di stato illegale e va quindi recuperato per rimediare alla distorsione del mercato così causata.
Bruxelles non ha una stima precisa di quanto ammontino gli aiuti illegali da recuperare, in quanto si tratta di una competenza dell'Italia. La Commissione Ue, ha quindi assicurato il portavoce, sta "lavorando in modo costruttivo con le autorità italiane per attuare la decisione del 2015". Come già precisato allora da Bruxelles, ciò significa che le autorità italiane sono tenute a recuperare gli aiuti di stato incompatibili "solamente nei casi in cui i beneficiari non possono aver subito alcun danno perché non avevano alcuna attività economica in zona" nonché "l'importo della sovraccompensazione ottenuta dalle imprese". E, in entrambi i casi, "il recupero è necessario soltanto se l'importo degli aiuti di stato incompatibili ricevuti dall'impresa è sufficientemente elevato da essere in grado di falsare la concorrenza, e se non è oggetto di un'altra misura di aiuto di stato approvata o esente".
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