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Responsabilità editoriale di ASviS
Responsabilità editoriale di ASviS
Conflitti, cambiamenti climatici e pandemia da Covid-19 sono le tre principali cause della fame nel mondo e minacciano di annullare qualunque progresso compiuto negli ultimi anni. Lo rileva l’edizione 2021 del “Global hunger index - Hunger and food systems in conflict settings” , sviluppato dall'International food policy research institute (Ifri) e pubblicato a ottobre. L’indice combina quattro indicatori: percentuale di popolazione denutrita, percentuale di bambini sotto i cinque anni emaciati (rapporto inadeguato tra peso e altezza), percentuale di bambini sotto i cinque anni con ritardo di crescita (rapporto inadeguato tra altezza ed età), tasso di mortalità per i bambini sotto i cinque anni. Il risultato è una classifica su una scala di 100 punti, dove zero rappresenta il miglior valore possibile (assenza di fame) e 100 il peggiore. Più alto è il valore, peggiore è lo stato di nutrizione di un Paese. Valori inferiori a 9,9 mostrano un'incidenza di fame molto bassa, mentre da 10 a 19,9 il valore è moderato. Valori da 20 a 34,9 evidenziano una grave situazione di fame, mentre valori da 35 a 49,9 indicano una situazione allarmante. Sopra i 50 il problema della fame è estremamente allarmante.
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La fame nel mondo. A livello mondiale, l'indice 2021 presenta un livello di fame moderato, con un punteggio di 17,9, in miglioramento dal 2012, quando il punteggio globale era nell'intervallo grave. Tuttavia, in molte regioni, i progressi sono troppo lenti e la fame rimane acuta. La Somalia, evidenzia il Rapporto, soffre di un livello di fame estremamente allarmante. La condizione è allarmante in cinque Paesi: Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen, ed è classificata come grave in 31 Paesi. Dal 2012, sottolinea l’indice, la fame è aumentata in dieci Paesi. Tra il 2012 e il 2021 solo quattordici Paesi hanno realizzato progressi significativi in questo ambito, con una riduzione del 25% o più tra i loro punteggi.
Fame, conflitti violenti e sistemi alimentari. Il fallimento dei sistemi alimentari e il conseguente aumento della fame sono tra i problemi più urgenti del nostro tempo. Nonostante la pandemia, continua il Rapporto, i conflitti violenti restano la principale causa della fame nel mondo. I conflitti distruggono ogni aspetto legato al cibo: dalla produzione alla raccolta, passando per la lavorazione e il trasporto, fino alla commercializzazione e al consumo. Allo stesso tempo, l'aumento dell’insicurezza alimentare può contribuire ai conflitti violenti. Senza risolvere l'insicurezza alimentare, è difficile costruire un processo di pace, e senza la pace la probabilità di porre fine alla fame nel mondo è ridotta al minimo.
I sistemi alimentari assieme ai contesti di conflitto e di costruzione della pace sono complessi. Se si vogliono realizzare progressi sia nella riduzione dei conflitti che nella lotta contro la fame, continua il Rapporto, bisogna includere un approccio di sicurezza alimentare nel processo di costruzione della pace e viceversa Per questo, il Rapporto, si conclude con una serie di raccomandazioni politiche.
Le proposte. Migliorare la resilienza dei sistemi alimentari e affrontare contemporaneamente gli impatti dei conflitti e del cambiamento climatico e garantire la sicurezza di cibo e nutrizione:
Basare le azioni sulla comprensione del contesto e rafforzare le iniziative inclusive orientate localmente.
Impegnarsi in una pianificazione dei finanziamenti flessibile, intersettoriale, pluriennale e basata sulle necessità.
Affrontare i conflitti a livello politico, rafforzare il diritto internazionale e garantire la punibilità delle violazioni dei diritti:
Infine, aprire la strada per un cambiamento radicale dei nostri sistemi alimentari:
di Tommaso Tautonico
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