Persino sui Monti Altai della
Mongolia, ambiente remoto e scarsamente abitato dall'uomo, la
globalizzazione dei consumi può creare impatti inattesi sulla
fauna e sull'ambiente naturale. È quanto risulta da un progetto
di ricerca, coordinato dall'Università di Firenze in
collaborazione con il Muse - Museo delle scienze di Trento e
altri partner internazionali e pubblicato su Biological
conservation, che rivela come il massiccio aumento
dell'allevamento di bestiame, primariamente causato dalla
globalizzazione del mercato del cashmere, rappresenti una
minaccia per alcune specie chiave dell'ecosistema, tra cui il
leopardo delle nevi.
Obiettivo dello studio - coordinato da Francesco Rovero,
ricercatore del dipartimento di biologia dell'Università di
Firenze - era quello di quantificare gli effetti del
considerevole sviluppo dell'allevamento di capre per la lana da
cashmere sulla presenza di alcune specie chiave di quella
regione. Negli ultimi decenni, infatti, il numero di capi di
bestiame in Asia centrale è aumentato fortemente (in Cina e
Mongolia in special modo) a causa dell'incremento della domanda
di questo prodotto da parte del mercato globale, che vede fra
l'altro l'Italia come primo paese trasformatore della lana
grezza. La ricerca è consistita nell'analisi dei dati raccolti
da oltre 200 foto-trappole collocate - nel corso di campagne di
studio condotte tra il 2015 e il 2019 - in quattro aree montane
della Mongolia occidentale, che spesso superano i 4000 m di
altitudine.
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