E' iniziato con la richiesta di
rinnovare il dibattimento per ascoltare due collaboratori di
giustizia, il processo d'appello che a Napoli vede imputato il
boss Ciro Rinaldi, accusato di avere acquistato per 10mila euro
un bimbo dalla madre naturale di origine rom per donarlo a un
presunto affiliato e alla moglie.
La coppia, insieme con la madre del piccolo, sono stati già
condannati, al termine di un processo celebrato con il rito
abbreviato, per alterazione di Stato: sono stati ritenuti
colpevoli di avere modificato i documenti di nascita del bimbo.
Rinaldi invece incassò un'assoluzione e l'aggravante
camorristica non venne riconosciuta dal gup, malgrado la DDA
ritenesse che il coinvolgimento nella vicenda della
"compravendita" del bimbo da parte del boss, attualmente
detenuto al 41bis per duplice omicidio, fosse finalizzato ad
accrescere il suo consenso.
La Procura portò a processo Rinaldi e la coppia (difesi dagli
avvocati Raffaele Chiummariello e Salvatore Impradice, legali di
Rinaldi anche in secondo grado) oltre che la madre naturale del
bambino, basandosi sulle dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia.
Il sostituto procuratore antimafia chiese 12 anni di carcere per
il boss che però venne assolto dalla quinta sezione penale del
Tribunale di Napoli. La Procura decise di impugnare la decisione
e di ricorrere in appello.
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