Il caso forse più clamoroso c'è stato
quest'anno a Napoli con due mamme che avevano affidato ai loro
figli di 9 e 13 anni la preparazione di dosi di stupefacenti per
conto del loro clan. Un 'attività' che avveniva in presenza di
altri 4 loro bambini, il piu' piccolo di appena tre anni. Di
fronte al fenomeno dei "figli di mafia" , il Csm sposa la linea
adottata da alcuni tribunali per I minorenni del Sud, come
Reggio Calabria, Napoli e Catania, di dichiarare la decadenza o
di limitare comunque la potesta' genitoriale dei condannati per
associazione mafiosa che coinvolgono i figli nelle attivita' dei
clan. E in una delibera approvata all'unanimita' e indirizzata
ai presidenti delle Camere e al ministro della Giustizia, chiede
di dare un sostegno legislativo a queste decisioni e a
potenziare gli strumenti a disposizione dei giudici minorili.
"La famiglia mafiosa, agendo in spregio ai propri doveri di
educazione e salvaguarda del minore, finisce per essere una
famiglia maltrattante, nei cui confronti deve essere operata una
vera e propria cesura, nello stesso modo in cui si interviene
nei confronti dei genitori alcolisti o tossicodipendenti", è
scritto nella delibera che ha come relatori i togati Ercole
Aprile e Antonello Ardituro. I provvedimenti di decadenza
genitoriale sono un'"extrema ratio", riconoscono i consiglieri,
ma possono diventare indispensabili per "proteggere il minore
dal pregiudizio che gli deriva dalla violazione del suo diritto
essere educato nel rispetto dei principi costituzionali e dei
valori della civile convivenza". "Convinto" anche il sì alla
delibera che arriva dal vice presidente del Csm Giovanni
Legnini: "il Csm si mostra capace di intervenire su temi
sensibili e controversi con proposte destinate a valorizzare le
migliori prassi giudiziarie e sottoponendo al legislatore
interventi e proposte perché la soluzione di questi temi non sia
fatta gravare sulle spalle della giurisdizione".
Parla di "scelta responsabile del Csm" Vanna Iori, deputata Pd e
membro della Commissione bicamerale per l'infanzia e
l'adolescenza. "I cosiddetti figli di mafia - sottolinea Iori -
pagano un prezzo altissimo per le scelte dei genitori e parenti,
che deturpano, offendono e sviliscono i valori autentici della
famiglia, trasformandola in un luogo relazionale alla mercé
della criminalità organizzata. Il clima familiare che condiziona
la crescita dei 'figli di mafia' chiede che questi siano
tutelati e per farlo può essere necessario allontanarli da chi
contribuisce, quotidianamente, a ostacolare uno sviluppo sano,
dal punto di vista emotivo e valoriale".
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