Si è aperto stamani con una
videoconferenza sull'evoluzione delle mafie nel secondo
dopoguerra il Progetto educativo antimafia promosso dal Centro
Studi Pio La Torre di Palermo. Una serie di conferenze e
iniziative rivolte agli studenti delle scuole secondarie di
secondo grado e delle case circondariali. Collegati in
videoconferenza gli studenti detenuti delle carceri, tra le
altre, di Trieste, dell'Ucciardone e del Pagliarelli di Palermo,
di Catania e di San Cataldo (Caltanissetta).
"Il punto di svolta nella lotta alla mafia - ha sottolineato
Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre - si ha
durante la seconda guerra di mafia (1978/1983) che provocò
centinaia di vittime innocenti, ma segnò la sconfitta storica
della mafia che tentò di imporre allo Stato, con lo stragismo,
il suo potere. Infatti, di fronte ai delitti politici mafiosi,
alle stragi di inquirenti, magistrati, uomini delle scorte,
nacque un ampio e trasversale movimento antimafia di popolo".
"Sebbene furono gli Stati Uniti, nel 1970, ad approvare la
prima legge nel mondo contro la criminalità organizzata con
provvedimenti in particolare contro il riciclaggio di denaro
sporco e le scommesse clandestine - ricorda Vincenzo Militello,
giurista dell'Università di Palermo - questi provvedimenti, a
differenza di quanto avvenne in Italia, non furono accompagnati
e spinti dalla reazione sociale e dalla coscienza diffusa che
nel nostro paese si aveva del problema mafioso, con il volano di
iniziative e di manifestazioni di piazza".
"Dopo i feroci colpi inferti a Cosa Nostra da un'attività
legislativa e giudiziaria senza precedenti che l'hanno privata
di risorse umane ed economiche - sottolinea Antonio Balsamo,
magistrato rappresentante per l'Italia presso l'ONU - la mafia
ha adottato la strategia della sommersione, sapendo però
adattarsi ai cambiamenti sociali e politici riuscendo a
mimetizzarsi all'interno dei centri di potere".
Intervenuto in videoconferenza anche Giovanni Grasso,
consigliere del presidente della Repubblica, che ha ricordato il
delitto di Piersanti Mattarella, presidente della Regione
Siciliana ucciso il 6 gennaio 1980. "Ancora oggi a quasi
quarant'anni di distanza, sul più grave delitto politico dopo
quello di Aldo Moro, permangono enormi zone d'ombra: non abbiamo
mai saputo chi fossero gli esecutori materiali di quel
delitto".
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