Sino a ottanta anni fa si moriva di
fibrosi cistica subito dopo la diagnosi. Oggi oltre il 50% dei
bambini nati dal 2015 in poi, anno in cui sono stati usati per
la prima volta i nuovi farmaci modulatori della proteina CFTR,
può sopravvivere oltre i 50 anni. A fare il punto è Salvatore
Leonardi, professore associato di Pediatria presso l'Università
degli studi di Catania e Consigliere della Società Italiana per
le Malattie Respiratorie Infantili (Simri), in occasione del
25/mo Congresso nazionale della società scientifica, in corso a
Verona fino al 26 ottobre.
La fibrosi cistica era conosciuta già oltre duemila anni fa.
Gli antichi romani la definivano la malattia del bacio salato e
la associavano ad alti tassi di mortalità. Secondo i dati del
Registro i pazienti affetti dalla malattia in Italia sono 6.000,
di cui circa la metà ha meno di 18 anni. "Fino a ieri - ricorda
lo specialista - avevamo dei farmaci dedicati alla cura dei
sintomi della fibrosi cistica, che hanno permesso di migliorare
le aspettative di vita: gli antibiotici, i fluidificanti, gli
antinfiammatori e gli enzimi pancreatici". Nel 1989, però, è
stato identificato il gene responsabile dell'anomalia della
proteina CFTR che regola gli scambi degli ioni di sodio e cloro
a livello degli epiteli ghiandolari e che determina la malattia.
Questo ha portato alla formulazione dei modulatori della
proteina CFTR che hanno cambiato l'aspettativa di vita. "Grazie
all'arrivo dei questi farmaci - conclude Leonardi - il 50% dei
pazienti nati dal 2015 in poi, anno in cui sono stati usati per
la prima volta, potrebbe sopravvivere oltre i 50 anni. Un
risultato inaspettato se immaginiamo che quando è stato scoperto
il fenotipo clinico, 83 anni fa, i bambini morivano poco dopo la
diagnosi".
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