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Il modello universale per la mobilità delle persone

Il modello universale per la mobilità delle persone

Utile per progettare i centri urbani e studiare le epidemie

26 maggio 2021, 22:58

Redazione ANSA

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Rappresentazione dei flussi di movimento delle persone nell 'area di Boston (fonte: Guangyu Du) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rappresentazione dei flussi di movimento delle persone nell 'area di Boston (fonte: Guangyu Du) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Rappresentazione dei flussi di movimento delle persone nell 'area di Boston (fonte: Guangyu Du) - RIPRODUZIONE RISERVATA

I movimenti delle persone rispondono a un modello prevedibile e universale, e conoscerlo è utile sia per organizzare le città che per studiare le epidemie. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Nature, basato su più di 8 miliardi di dati geografici generati da 4 milioni di individui e raccolti attraverso gli smartphone in città di 4 continenti, tra il 2006 e il 2013.

La ricerca, coordinata dal Massachusetts Institute of Technology (Mit), ha tra gli autori gli italiani Paolo Santi, del Mit e dell'Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iit) di Pisa, e Carlo Ratti, del Mit.

"Il movimento delle persone è fondamentale per le società, ma una descrizione precisa e quantitativa della mobilità umana è rimasta finora incompleta", spiegano gli esperti. Rispetto ai tradizionali modelli di mobilità, gli autori hanno considerato un nuovo aspetto: la frequenza delle visite che, precisano, "fornisce un quadro generale per descrivere e prevedere i flussi di mobilità su scale temporali". Il loro nuovo modello descrive, quindi, l'interazione tra le distanze percorse dagli esseri umani durante i viaggi e la frequenza dei viaggi.

Prendendo in considerazione non solo la distanza percorsa ma anche la frequenza delle visite, gli studiosi hanno così scoperto che il numero di persone in visita in luoghi diversi è confrontabile nelle diverse città. Hanno, inoltre, scoperto che il numero di visitatori diminuisce secondo uno schema prevedibile per tutte le località di una determinata città.

"Quello che abbiamo osservato - spiega Paolo Santi - è una chiara relazione inversa fra la distanza percorsa per raggiungere un luogo e la frequenza con cui questo viene visitato. Le persone, infatti, si spostano raramente in luoghi lontani, e solitamente tendono a visitare quelli vicini con maggiore frequenza. Questa osservazione - conclude - ci spiega empiricamente il modo in cui organizziamo le nostre vite e le nostre città".

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