Nella notte di Halloween Venezia
riscopre le 'sue' streghe, volti e luoghi magici della città.
Formule magiche, sangue dei condannati, fatture casalinghe per
dar vita a filtri d'amore o guarire qualcuno per pochi
spiccioli. Maghe e fattucchiere, guaritrici e indovine, secondo
il Tribunale dell'Inquisizione, a Venezia, nella evolutissima
Serenissima, non vennero mai messe al rogo. Durante le ore più
spaventose dell'anno, quelle "degli spiriti sacri", dagli
archivi di Stato di Venezia riaffiorano storie e volti delle
streghe veneziane, figure non solo leggendarie, le cui vite sono
ricostruibili grazie ai registri dell'Inquisizione. Storie di
"stregizzi", di sabba, di ritrovi di streghe e stregoni, di
spiriti imprigionati, di magia sessuale, di riti e anche di
leggende tramandate attraverso i secoli della Repubblica
Serenissima, che quest'anno celebra i 1600 anni dalla sua mitica
fondazione.
Nessun "dolcetto o scherzetto", ma donne in carne ed ossa che
dietro alle porte delle strette calli veneziane eseguivano
pratiche occulte di magia. Basti pensare che, nel 1500, in città
vi furono circa 1600 processi per "strigaria, maleficio, arte
magica e superstizione". Le streghe venivano processate dal
tribunale dell'Inquisizione, che aveva sede in Piazza San Marco,
mentre le pene e le torture venivano inflitte pubblicamente, tra
le due colonne di San Marco. Come spiega Manuel Meneghel, guida
turistica a Venezia, la maggior parte erano prostitute o
cortigiane, a cui ci si rivolgeva soprattutto per incantesimi
d'amore.
"Il Ghetto ebraico, a Cannaregio, ebbe un ruolo importante
per la diffusione dei testi di magia nera, come il Clavicola
Salomonis - racconta Meneghel -. I documenti dell'Inquisizione
ci permettono di localizzare le abitazioni di queste donne
accusate di essere streghe. Sappiamo i loro nomi e perché furono
processate". Tra queste compare Emilia Catena, cortigiana e
fattucchiera, accusata di aver praticato dei riti di negromanzia
sul cadavere di un neonato. Lei negò, ma ammise di averlo fatto
su un gatto e venne allontanata dalla città. In questo periodo,
stiamo parlando degli anni ottanta del Cinquecento, Emilia
investì parte dei propri proventi acquistando delle terre e dei
campi in terraferma e divenne quindi una figura di imprenditrice
agricola rara nella Venezia cinquecentesca. La stessa Veronica
Franco subì un processo per stregoneria da cui risultò però
assolta".
Talvolta, invece, si tratta di donne che rimangono
nell'ombra, come Giovanna Semolina, la strega di "quartiere" che
veniva contattata dalle mogli per allontanare i mariti dalle
cortigiane. Dai documenti risulta che Giovanna prescrisse la
realizzazione di un "lazzaro puzzolente": una preparazione a
base sterco di gatto, grasso di lupo e terra raccolta tra le due
colonne della piazzetta poiché lì avvenivano le condanne
capitali e quindi, essendo intrisa del sangue dei condannati, si
riteneva fosse portatrice di un potere magico. Con questo
impiastro si ungevano le porte dell'abitazione della cortigiana
oggetto del maleficio e ci si rivolgeva al diavolo affinché
l'odore pervadesse tutta la casa e la stessa cortigiana così il
marito non avrebbe più potuto avvicinarsi a lei e tradire la
moglie. Testimonianze di streghe arrivano dallo stesso Giacomo
Casanova, che ammette di essere protagonista di una serie di
pratiche di magia sessuale.
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