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ANSA/ L'immensa e splendida 'Amazonia' in pericolo di Salgado

ANSA/ L'immensa e splendida 'Amazonia' in pericolo di Salgado

Inaugurata la mostra con oltre 200 foto a Trieste

TRIESTE, 28 febbraio 2024, 19:16

Redazione ANSA

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(di Francesco De Filippo) Sebastiao Salgado, brasiliano di quella regione-continente che si chiama Minas Gerais, è penetrato e si è compenetrato nella e con l'Amazzonia, si è fatto indigeno, ha condiviso i silenzi delle ampie vallate, ha imparato a interpretare i versi degli animali e ad ascoltare le vibrazioni delle piante e il frullare delle ali degli uccelli.
    Animato dallo spirito e dal coraggio degli antropologi predecessori perfino di Claude Lévi-Strauss, ha saputo farsi accettare da tribù ignare dell'esistenza di un mondo per loro nemmeno inimmaginabile. Quegli studiosi erano meno visibili, i loro strumenti erano matite e taccuini, quello di Salgado è un impatto più invadente, quello della macchina fotografica. Lui ha compendiato sette anni in giro per l'Amazzonia in una mostra inaugurata oggi a Trieste, "Amazonia".
    Vi si trovano tribù dai nomi impenetrabili - Yanomami, Kuikuro, Waurà, Zo'è, Awa-Guajà - che vivono nudi in un invidiabile equilibrio con la Natura e spettacolari scenari che lasciano senza fiato, sistemati in un allestimento curato dalla moglie, Lelia Wanick, che spesso ha viaggiato con lui, che nei duemila metri quadrati nella semioscurità creata nel Salone degli Incanti ha tentato di ricreare l'habitat amazzonico. Se ai suoni ci ha ha pensato Jean Michel Jarre con musiche originali, Lelia ha costruito al centro tre "ocas" (baracche) dove il visitatore si può immergere e vedere video di indigeni. Le oltre 200 foto, grandi e rigorosamente bianco/nero, con gli immensi panorami amazzonici sono esse stesse luce e riflessi. Gli indigeni, invece, hanno tutti un nome (forse un cognome?) che assicura loro una identità, e sono ripresi mentre giocano, cacciano oppure in posa come le tradizionali 'family pic' dei summit politici, con tanto di ornamenti e tratti colorati sul corpo. Il fotografo ha conosciuto 12 tribù e delle foto che ha scattato loro e di quelle dei panorami, ha fatto un messaggio planetario che mostra la potenza e la fragilità della natura. I suoi scatti lanciano un monito al genere umano sui pericoli della distruzione di questo ecosistema, apparentemente sterminato ma nella realtà sempre più spaventosamente ridimensionato.
    "Spero che questo mio non sia il reportage storico di un mondo scomparso ma che serva per attirare l'attenzione di tutti per proteggere questo spazio". È l'auspicio di Salgado. Questo inestimabile patrimonio naturale "può essere perso ma può anche essere conservato, dipende da noi tutti. Dobbiamo metterci d'accordo per proteggere queste foreste". Sono queste a "fornire il legno per tutti noi con il disboscamento, poi il suolo viene coltivato a soja per ingrassare i maiali che mangiate in Italia, per esempio", ha spiegato. Ma l'Amazzonia "è il più grande spazio al mondo che fornisce umidità, e quelle correnti d'aria ci servono per sopravvivere; è il più grande ricettacolo di biodiversità e il più grande serbatoio di acqua dolce del pianeta. Quindi dipende da tutti noi attirare l'attenzione e conservare questo spazi". Lui ha cominciato da tempo la difesa dell'ambiente, con due sponsor di provata sensibilità ecologica: la illycaffè, con la quale trenta anni fa è cominciata una collaborazione trenta anni fa, e la Zurich. Centinaia di migliaia di alberi già piantati ed è solo l'inizio.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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