In campo duro, spietato, una
macchina da guerra. L'attaccante temuto da ogni difensore. E'
questo è quello che già sapevamo di Ibra. Ma il numero 11 del
Milan, sul palco dell'Ariston - ospite fisso per tutta la
settimana -, ha messo da parte scarpini e armatura da guerriero
e ha tirato fuori dall'armadio smoking, scarpe di vernice, un
sorriso che si allarga disarmante sul suo viso spigoloso e una
buona dose di umorismo e ironia. Tutto qui? No, Zlatan ha deciso
di buttare anche il cuore oltre l'ostacolo, emozionando ed
emozionandosi. Tra una battuta sul palco dell'Ariston, dove
si diverte a essere un po' l'Adriano Celentano delle pause e dei
silenzi un po' boss dell'Europa dell'Est con il suo accento
secco e senza l'utilizzo di articoli, e una in conferenza
stampa, Ibra ammette di non aver nulla da perdere, "perché tanto
il mio mondo è un altro, nessun mi può giudicare per questo.
Amadeus non mi mette pressione, dice solo di divertirti". E
sembra che lo stia facendo: autodichiarandosi vero direttore del
festival, dettando le regole di Zlatan, mettendosi al servizio
delle gag di Ama e Fiore (certo, magari l'interpretazione di Io
vagabondo non passerà esattamente alla storia, ma è un peccato
veniale che gli sarà perdonato). A smuovere gli animi è stato
invece l'incontro sul palco con l'amico Sinisa Mihajlovic. Un
rapporto iniziato, non nel migliore dei modi, con una testata
nel 2005, quando Sini era all'Inter e Zlatan alla Juve. L'anno
dopo, insieme nella squadra nerazzurra, sono diventati grandi
amici. Zlatan ha poi scambiato qualche palleggio con Donato
Grande, atleta di powerchair football, il calcio in carrozzina.
"Sei più bravo di molti miei compagni", ha scherzato.
Non poteva mancare, nell'affresco del personaggio, anche un
aneddoto degno dei miglior film action americani. Ibra bloccato
per ore in autostrada, sulla strada per Sanremo, a causa di un
incidente, che ferma un motociclista per andare a salvare il
festival "perché Ama senza Ibra non ce la fa". Ovviamente, Ibra
il guerriero non è stato sfiorato nemmeno per un attimo dalla
paura di accettare un passaggio da uno sconosciuto. "Zlatan non
ha paura". E poi, la missione era importante: salvare il "suo"
festival.
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