E' stata confermata dalla Cassazione
la condanna per lesioni a carico di un vice ispettore della
polizia penitenziaria per aver picchiato pesantemente un
detenuto inerme nel carcere 'Marassi' di Genova, in concorso con
un assistente capo verso il quale si è proceduto separatamente.
Senza successo, la difesa dell'imputato - Salvatore G., genovese
di 42 anni - ha provato a sostenere che non si era trattato di
una aggressione violenta ai danni di Dziri S. - questo il nome
della vittima - ma "dell'esercizio di un dovere di
perquisizione, sconfinato involontariamente in lesioni a causa
del comportamento di opposizione" assunto dal detenuto. Al vice
ispettore della polizia penitenziaria, è contestato di aver
condotto il detenuto nella stanza delle perquisizioni "dopo
averlo fatto denudare, dapprima colpendolo con schiaffi in
faccia, poi dopo che la vittima si era rannicchiata a terra con
le braccia sulla testa per proteggersi dai colpi" gli aveva
sferrato "calci sulla schiena, sulla testa e sul braccio
sinistro". Il pestaggio aveva causato lesioni, edema,
escoriazioni, eritema, con circa venti giorni di prognosi. Ad
avviso degli 'ermellini', "la tesi dell'adempimento del dovere
non riesce ad estendersi alla condotta effettivamente addebitata
all'imputato, perchè, anche a voler ammettere che la
perquisizione fosse legittima, è la successiva, violenta
aggressione fisica contro un soggetto inerme (riferita anche da
due testimoni oculari esterni di cui l'imputato sembra
dimenticarsi) a non trovare alcuna giustificazione".
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