Non desta certo lo scandalo che
suscitò nel 1879, quando, alla sua uscita, venne definito
intollerabile per la sua messa in discussione del matrimonio
come bene assoluto, ma ancora oggi 'Casa di bambola' di Ibsen,
testo pre-femminista, ha la forza di arrivare al cuore. Tanto
più se proposto da un regista come Filippo Dini, appassionato,
fisico, attento a interpretare il contemporaneo attraverso il
classico. Una fisicità che culmina nella lunga e tragica
tarantella ballata da Nora, scalza, mezza svestita, davanti a
tutti, come un'indemoniata, nel preciso momento in cui capisce
che l'unica cosa che vuole è la libertà.
Lo spettacolo, in prima nazionale, ha aperto la stagione
dello Stabile di Torino, al Teatro Carignano, dove resterà in
scena fino al 31 ottobre. Sul palco lo stesso Dini nel ruolo del
marito, l'avvocato Torvald, Deniz Ozdogan in quello di Nora,
Fulvio Pepe nella parte del dottor Rank.
Lo spettacolo cattura il pubblico da subito tenendolo legato
fino alla fine, oggi come a fine '800, per venire a sapere se
Nora si separerà o no dall'amato marito e dai figlioletti.
"Tutto sommato - dice Dini - mi sembra sia cambiato poco: l'uomo
e la donna sono profondamente diversi e non si conoscono. Un
matrimonio allora come oggi deve contenere tale differenza, che
comunque ha a che fare con il dolore e il compromesso". Quel
compromesso che ancora oggi non viene accettato da tanti,
tantissimi uomini, mariti, amanti, che quando vengono lasciati
dalla compagna, non sopportandola, cecano talvolta di
annientarla fino ad ucciderla. Come nei tanti casi di
femminicidio di questi anni, episodi tragici che contribuiscono
a riconoscere a Casa di bambola una universalità senza tempo.
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