TORINO - Esiste la recitazione animale, ci sono animali bravi attori e altri 'cani', c'è un'intenzione in quello che fanno sullo schermo? A queste domande prova a rispondere il regista Davide Ferrario, che insieme a Donata Pesenti Campagnoni ha curato la mostra 'Bestiale! Animal Film Stars' al Museo del Cinema di Torino.
Secondo Ferrario si può dire che "gli animali 'recitano' nella misura in cui soddisfano le nostre aspettative su di loro" e per capire meglio la recitazione animale "bisogna analizzare come gli animali sono stati utilizzati sullo schermo". Nei primi cinquanta anni della sua storia, spiega il regista, "il cinema ha presentato gli animali sotto una doppia veste, quella di amici o nemici dell'uomo e quella in cui sono simili agli uomini".
Una antropomorfizzazione "che è una formula che funziona sempre - continua Ferrario - molto spesso a costo della dignità dei diretti interessati, ma umanizzare le bestie può anche servire a rovesciare la prospettiva, cioè non si ride più perché gli animali sono ridicoli ma perché ci possono far ridere di noi stessi". Negli anni '60 gli animali sono invece utilizzati per esprimere lati oscuri della relazione dell'uomo col mondo che lo circonda", mentre nei 20 anni successivi si afferma "un tipo di film che si confronta con gli animali in quanto soggetti separati".
A segnare una vera rivoluzione è 'Babe', in cui grazie a una tecnologia che combina animali, animatronics ed effetti speciali computerizzati, gli animali-attori "conquistano un'espressività mai vista". Una tendenza, dice Ferrario, "che si è sviluppata ed allargata fino a risultati impensabili". Per il regista "la presenza degli animali nella storia del cinema corrisponde a qualcosa di simile alla tradizionale partizione tra documentario e fiction e i film dove l'animale ha un significato più profondo - conclude - sono quelli in cui recita di meno".
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