Il Comitato per la Salute e per
l'Ambiente e il Wwf si rivolgono al ministro della Transizione
ecologica Roberto Cingolani per chiedere "il fermo della
produzione dell'area a caldo" dell'ex Ilva di Taranto ora
Acciaierie d'Italia, "in quanto - sostengono - al danno
ambientale è associato un danno sanitario scientificamente
acclarato e certificato".
Le associazioni hanno protestato sotto la Prefettura e intendono
presentare l'istanza tramite il prefetto Demetrio Martino, con
una richiesta di intervento per danno o minaccia di danno
ambientale, in base all'articolo 309 del Codice dell'Ambiente.
I manifestanti apprezzano "la necessità del fermo della batteria
12 della cokeria di Taranto", dopo il decreto dello stesso
ministero che nega la proroga per la prescrizione ambientale con
il "conseguenziale fermo dell'area a caldo dell'Ilva"; il
decreto prevede che le operazioni di fermata inizino oggi e si
concludano entro 10 giorni. In una intervista al Sole 24Ore l'ad
Lucia Morselli ha dichiarato di aver già presentato ricorso al
Tar del Lazio contro il fermo dell'impianto.
Per gli ambientalisti una "vasta mole di documentazione ormai
disponibile" evidenzia situazioni di pericolo "emerse dopo il
2012", quando furono sequestrati gli impianti nell'ambito
dell'inchiesta Ambiente Svenduto: esistono gli studi
epidemiologici, la Valutazione del danno sanitario, la sentenza
Cedu di condanna dell'Italia per i mancati controlli sulle
emissioni, i pericoli evidenziati dal Tar di Lecce chiamato a
valutare l'ordinanza di fermo dell'area a caldo del sindaco
Rinaldo Melucci e le considerazioni del Consiglio di Stato, che
pur annullando quell'ordinanza, ha confermato - conclude il
Comitato - "una problematica di carattere ambientale e
sanitario, definendola 'pacifica' e ormai acquisita. La
documentazione scientifica sarà portata all'attenzione anche
della Procura della Repubblica".
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