"Quel giorno di giugno non sono
fuggito, al contrario mi sono ripreso la cosa più importante che
ho, che abbiamo tutti noi: il tempo". Così, Stefano Elmi,
giornalista, appassionato di viaggi - oggi insegnante d'italiano
a stranieri e guida di Mountain Bike - si licenzia, impacchetta
la sua bici e parte con un biglietto di sola andata per Calgary
con la vaga idea di andare verso nord suggestionato dalle
letture di Jack London e altri avventurieri. Ancora non lo sa,
forse, ma quella sarà la "sua" avventura. Una di quelle che ti
cambiano il senso della vita per sempre. A raccontarla è lui
stesso con "In Alaska fa caldo", diario di bordo pubblicato da
Ediciclo Editore (pp.196 - 16,00 euro) con prefazione di Simone
Togneri.
Da Calgary, Elmi pedala verso le Montagne Rocciose, lo Yukon, il
Klondike e poi verso il confine fra Canada e Alaska. Percorre la
Denali Highway fino ai piedi della grande montagna e va verso
sud, ad Anchorage e la penisola di Kenai, dove la terra finisce.
Durante il viaggio scopre che in Alaska può fare caldo. Incontra
pensionati americani sui loro immensi motorhome, nativi
completamente sbronzi, pistoleri di confine, orsi e caribù.
Trangugia hamburger e birre giganti, ma gli capita anche di
soffrire fame e sete lungo i 5000 chilometri di una strada che,
pedalata dopo pedalata, sembra non finire mai. "La bicicletta -
spiega - mi fa sentire libero. Libero dagli orari dei mezzi
pubblici, dai passaggi rifiutati. Libero dai distributori di
benzina, dai parcheggi a pagamento, dalle zone a traffico
limitato. Per una volta, mi sono detto: voglio essere padrone
del mio tempo, del mio percorso. Padrone dei miei sbagli, dei
miei successi. Padrone dei miei incontri e della mia solitudine.
Padrone del mio viaggio. Così ho cominciato a pedalare e tutto
ha riacquistato un senso. Ho ricominciato a stupirmi."
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