(di Alessandra Baldini)
Salman Rushdie chiude l'anno forse piu' divisivo della storia
recente con un racconto molto calviniano sui pro e i contro
della litigiosita' del nostro tempo. Un vecchio col basco seduto
per ore a un caffe' osserva senza aprire bocca i suoi
concittadini che rumorosamente non vanno d'accordo su nulla. Il
racconto, che lo scrittore considera un omaggio all'autore del
"Barone Rampante" ma anche nel tono al postmoderno "The Flight
of Pigeons from the Palace" di Donald Barthelme, e' ambientato
in una piazzetta molto italiana.
"Ma non siamo in Italia", precisa l'autore di "Versetti
Satanici" in un'intervista a corredo della pubblicazione, anche
se l'ispirazione del luogo effettivamente lo e'. Rushdie spiega
che la molla iniziale del racconto e' stato il folle
inseguimento di macchine che chiude il primo film della "Pantera
Rosa": ambientato nella piazzetta di Rocca di Papa, "che e' alla
stessa distanza da Roma della mia cittadina senza nome rispetto
alla 'grande citta'".
Nel racconto, come nel film, un distinto anziano col basco
osserva impassibile il caos che lo circonda. Rushdie gli ha
affiancato dall'altro lato della piazza una comprimaria
femminile chiamata "our language", la nostra lingua. "Vecchio al
caffe" e "our language" assistono in silenzio all'evoluzione
della societa': da un quinquennio di "si", in cui era
impossibile non concordare su tutto, a una fase di argomenti
continui. Salman sembra preferire la seconda: "La democrazia e'
una piazza o un bazar in cui e' possibile non andare d'accordo
appassionatamente. La capacita' di avere questi disaccordi e' il
senso della liberta'", afferma lo scrittore che per gran parte
degli anni Novanta ha vissuto alla macchia dopo esser stato
colpito da una fatwa delle autorita' religiose iraniane.
Nella fase del "si" ai cittadini della citta' senza nome
veniva chiesto di aderire o quantomeno non opporsi ad
affermazioni come "pane e vino possono transustanziarsi in carne
e sangue, gli immigranti si trasformano nottetempo in mostri
affamati di sesso, va bene aumentare le tasse ai poveri, le
anime possono migrare, la guerra e' necessaria". Argomenti
familiari negli Usa, nota l'intervistatrice del New Yorker, ma
per Rushdie non necessariamente: "I paralleli esistono se tu li
vuoi vedere, ma non si applicano solo agli Stati Uniti e questa
e' la ragione per cui non ho voluto collocare il racconto in un
luogo specifico".
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