I dati diffusi oggi dal ministero della sanità sulla ripartizione geografica dei casi di coronavirus in Israele confermano che l'infezione è prevalente tra quella popolazione ortodossa che finora non ha rispettato le direttive sanitarie del governo. Un problema denunciato dallo stesso premier Benyamin Netanyahu che, proprio ieri dando notizia delle nuove misure, ha citato esplicitamente gruppi di questo settore (insieme a laici e arabi) verso cui la polizia intensificherà le azioni. Secondo questi dati nella classifica generale al primo posto c'e' Gerusalemme - con una forte presenza ortodossa - che somma 650 positivi. Al secondo posto Bnei Brak - cittadina quasi del tutto ortodossa vicino Tel Aviv - con 571 casi. In terza posizione la laica Tel Aviv distanziata a 278 positivi. I numeri sono eloquenti ma il tutto diventa ancora più evidente se sono messi a raffronto - come ha fatto il ministero - con gli abitanti dei vari luoghi. Bnei Brak ha dunque 287 malati ogni 100mila residenti, Gerusalemme invece 70 e Tel Aviv 64. Tanto che i residenti delle cittadine a predominanza ortodossa di Bnei Brak, Modiin Illit ed Elad (tutte vicine a Tel Aviv) sono stati smistati, secondo i media, dal Pronto Soccorso dell'ospedale locale di Sheba in aree isolate per evitare ogni forma di contagio. Non tutto il mondo ortodosso ha reagito allo stesso modo alle direttive: in larga prevalenza ha obbedito alle restrizioni avallate per di più dai rabbini capo di Israele, mentre alcune frange di zeloti irriducibili (ostili per principio allo Stato laico e alla scienza) hanno invece negato il problema arrivando anche a scontrarsi con le forze dell'ordine.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA