"I pellegrinaggi cristiani? Potrebbero riprendere già domani". Questo il parere di un operatore turistico israeliano, Yaakov Abukassis, riportato oggi dal giornale economico Marker, mentre il settore del turismo in Israele si sente ancora annientato dagli effetti del coronavirus.
Le cifre sono eloquenti: nel giugno 2019 entrarono nell'aeroporto Ben Gurion 365 mila turisti. Questo giugno solo 5.800. Proprio i pellegrinaggi cristiani, secondo Abukassis, potrebbero aiutare a risollevare il settore. Facendo proprio il concetto delle 'capsule' - ossia delle piccole unità omogenee di allievi ricavate all'interno delle classi scolastiche, mediante le quali a maggio sono ripartite le lezioni scolastiche - Abukassis ha ipotizzato "un turismo fatto a capsule". E chi più idoneo dei pellegrini cristiani, che giungono in gruppi piccoli ed omogenei? "Vengono qua per pregare. Il loro programma giornaliero include visite a Luoghi santi prestabiliti e pernottamenti in alberghi. I loro contatti con l'israeliano della strada - ha concluso - sono minimi. Non rappresentano un rischio per la salute pubblica".
Nel 2019, secondo il Centro di informazione cristiano, i gruppi organizzati di cattolici sono stati 13 mila: in totale, quasi mezzo milione di pellegrini. La ripresa, anche limitata, di questo flusso sarebbe una boccata di ossigeno per chi orbita attorno ai Luoghi Santi in Israele ed in Cisgiordania. Giorni fa a Betlemme - che è in stato di chiusura - gli autisti dei mezzi pubblici hanno protestato per non aver ricevuto aiuti che attendevano.
Intanto però il coronavirus affligge sia gli israeliani sia i palestinesi. Al Santo Sepolcro di Gerusalemme l'accesso è consentito solo per le funzioni, con al massimo 19 fedeli, officianti inclusi. Distanziamento, uso delle mascherine e del gel disinfettante sono le regole da osservare. In queste condizioni anche il turismo "a capsule" dovrà attendere giorni migliori.
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