(dell'inviato Fausto Gasparroni) "Santo Padre, abbiamo lasciato i nostri Paesi di origine
abbandonando i nostri genitori, mogli e figli per sfuggire ai
vari problemi legati alla nostra sicurezza come: torture,
matrimoni forzati, pene detentive dovute a divergenze di
opinioni politiche, religiose, sessuali, rischio di morte e
molti altri". Si intitola "Grido dal cuore" la lettera in
francese recapitata al Papa in occasione della sua visita di
oggi al campo profughi di Lesbo e scritta a nome di tutti i
cristiani africani nel campo. A fargliela arrivare, nel libro
con i tanti messaggi consegnato oggi al Pontefice, la parrocchia
cattolica di Lesbo, che ha anche organizzato il coro dei
rifugiati per l'accoglienza a Francesco. "Il nostro viaggio in
Grecia - spiegano i profughi africani - è stato un calvario
doloroso poiché siamo stati vittime di estorsioni finanziarie,
aggressioni e abusi sessuali per pagare la traversata in mare, o
sfortunatamente molti di noi hanno perso la vita là... Per
fortuna siamo arrivati ;;qui e siamo stati accolti, accuditi,
vestiti, nutriti e alloggiati". "Ringraziamo il governo greco
per questo atto di umanità - proseguono -. Purtroppo, per
ragioni a noi sconosciute, la maggior parte delle nostre domande
di asilo è stata respinta una o anche due volte per alcuni e
addirittura quattro volte per altri". "I nostri sogni sono
infranti - lamentano -, non abbiamo possibilità di integrazione,
istruzione, e il futuro dei nostri figli sacrificato. Siamo
trattenuti non volontariamente su quest'isola per diversi anni
senza alcuna prospettiva di vita". "D'accordo - continua il
'Grido dal cuore' -, forse non abbiamo i requisiti per la
protezione internazionale, ma perché non veniamo liberati?"
"Santo Padre, nonostante tutta questa sofferenza, questa tortura
morale e psicologica, ci rivolgiamo al Signore e rimaniamo
speranzosi. Sì, Lei è la nostra speranza. La preghiamo di
supplicare per noi affinché il governo di questo Paese e tutti i
suoi alleati europei trovino una soluzione per noi". "Abbiamo
bisogno di documenti per poterci integrare qui in Grecia o
altrove in Europa - aggiungono i rifugiati africani cristiani -.
Vogliamo solo essere liberi e lavorare per prenderci cura di noi
stessi e delle nostre rispettive famiglie. Il Signore continui
ad ispirarLa, Le dia la forza per continuare la missione che Le
ha affidato". A nome di tutti i circa 2.200 attuali ospiti del
campo, nell'incontro col Papa ha portato la sua testimonianza
Christian Tango Mukalya, rifugiato proveniente dalla Repubblica
Democratica del Congo. "Sono arrivato in Grecia a Lesbo dal 28
novembre 2020 - ha raccontato -. Ho 30 anni, sono padre di una
famiglia con tre bambini piccoli. Due bambini sono con me,
l'altro è con la mamma, non hanno avuto la possibilità di
raggiungermi in Grecia e di loro non ho più notizie fino ad
ora". "Santità, come rifugiato, Lei lo sa meglio di me, io sono
un pellegrino, richiedente asilo alla ricerca di un rifugio
sicuro, di pace, della sussistenza della mia famiglia e
dell'educazione dei miei due figli, in seguito alla persecuzione
e alla minaccia di morte nel mio Paese d'origine", ha
sottolineato il profugo congolese. "Santità - ha proseguito -,
abbiamo avuto delle difficoltà per arrivare qui: sono enormi.
Non posso descrivere tutto in queste poche parole. Ma grazie a
Dio le abbiamo superate". "Preghiamo che queste difficoltà mie e
di tutti i miei fratelli rifugiati siano superate - ha concluso
-, per avere, come ho detto prima, un luogo sicuro in Europa per
il futuro delle nostre famiglie e soprattutto per i nostri figli
che hanno bisogno di una buona istruzione".
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