(dell'inviata Manuela Tulli)
(ANSA) - LEOPOLI, 04 MAG - Produceva finestre per tutta
l'Ucraina ma aveva una buona parte di clienti anche nella vicina
Polonia. E' la Fackro, fabbrica di eccellenza a Leopoli, che nei
primi giorni della guerra si è messa a disposizione della Chiesa
cattolica della città e di Caritas Spes per organizzare
l'imponente macchina di aiuti che cerca di rispondere ai bisogni
e di alleviare i dolori di una popolazione che dal 24 febbraio
di quest'anno ha visto cambiare la vita.
Padre Eduardo Kuava, francescano e vescovo ausiliare a
Leopoli, racconta questa storia mostrandoci "da dove è partita",
la cappellina della Curia. "Ero a pregare perché avevamo bisogno
di aiutare e arrivavano anche i primi aiuti dall'estero. Ma dove
metterli? Come trasportarli?". E lui, uomo di fede, legge come
un segnale della "provvidenza", la telefonata di una giornalista
polacca che alla fine dell'intervista gli chiede: come possiamo
aiutarvi? "Le ho risposto che avevamo bisogno in realtà di cose
impossibili, un grande magazzino dove smistare gli aiuti, dei
tir per trasportare cibo, farmaci, vestiti e altri beni di prima
necessità in tutto il Paese. E lei mi ha risposto che aveva un
amico imprenditore qui a Leopoli". Era Ryszard Florek, il capo
della ditta di finestre Fackro, in questi giorni ferma, come
tante altre attività, a causa del conflitto.
"Si è messo a disposizione, la fabbrica è diventata un
magazzino dove arrivano aiuti dalla Polonia ma anche da Italia,
Croazia, Slovenia, Germania, Francia, Gran Bretagna. Quindici
dei dipendenti dell'azienda ora ci aiutano a tempo pieno. Sono
arrivati anche dieci tir, affittati da benefattori polacchi, e
in due mesi abbiamo già fatto 327 viaggi, soprattutto verso
l'Est e il Sud del Paese, a Kiev, Kharkiv, Zaporija, Odessa".
Una macchina gigantesca di aiuti perché la gente ha bisogno di
tutto. Si calcola che a Leopoli ci siano "duecentomila sfollati
interni, spesso sono partiti con i soli vestiti che avevano
addosso e il passaporto" dice mons. Kuava parlando con l'ANSA
nell'ambito della visita in diocesi della fondazione pontificia
Aiuto alla Chiesa che Soffre.
L'arcidiocesi cattolica di Leopoli attualmente ospita 4.300
persone, soprattutto mamme con i bambini. Sono stati messi a
disposizione seminari, conventi e la casa del pellegrino che
attualmente ha 170 "ospiti", come li chiamano i religiosi non
volendoli chiamare profughi. "Abbiamo anche comprato i tablet
per far seguire le lezioni ai ragazzi", spiega il francescano.
Le scuole sono chiuse in tutta l'Ucraina non solo per la paura
dei bombardamenti ma anche perché, nelle zone meno toccate dal
conflitto, sono diventate centri di accoglienza e di raccolta
degli aiuti. E pensare che in Ucraina la dad non era mai stata
fatta neanche nei due anni di pandemia, a parte qualche
settimana all'inizio dell'emergenza sanitaria. Ma da quando è
scoppiata la guerra il Covid è "scomparso, abbiamo purtroppo
altre cose più gravi a cui pensare", dicono i religiosi. (ANSA).