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Catherine Deneuve e altre 100 donne: il rimorchio non è reato

Catherine Deneuve e altre 100 donne: il rimorchio non è reato

Su Le Monde, difendiamo la libertà di importunare, femminismo non è odiare gli uomini

PARIGI, 10 gennaio 2018, 17:59

di Tullio Giannotti

ANSACheck

Catherine Deneuve - RIPRODUZIONE RISERVATA

Catherine Deneuve - RIPRODUZIONE RISERVATA
Catherine Deneuve - RIPRODUZIONE RISERVATA

Sacrosanta la denuncia della violenza, controproducente l'onda "puritana" che ha invaso media e social network dopo il caso Weinstein: in prima su Le Monde, lanciano un appello controcorrente un centinaio di donne, attrici, registe, scrittrici, giornaliste. Fra queste, Catherine Deneuve, che dall'inizio della vicenda ha mantenuto una posizione decisamente defilata.

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Femminismo non significa "odiare gli uomini e la sessualità", proclamano le firmatarie dell'appello in una "tribuna" pubblicata dal quotidiano. Tra le firme, la giornalista Elisabeth Levy e la scrittrice Catherine Millet, molte attrici, artiste, editrici, scrittrici. Tutte d'accordo sul fatto che le iniziative come l'hashtag #metoo siano state meritorie nel "liberare la parola" delle donne. Ma tutte altrettanto decise nel condannare che #metoo abbia "comportato, sulla stampa e sui social network, una campagna di delazioni e accuse pubbliche di individui che, senza che si lasci loro la possibilità di rispondere o di difendersi, vengono messi esattamente sullo stesso piano di violentatori. Questa giustizia sbrigativa - continuano le donne nella loro denuncia - ha già fatto le sue vittime, uomini puniti nell'esercizio del loro lavoro, costretti a dimettersi, avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio, tentato di strappare un bacio, o aver parlato di cose 'intime' in una cena di lavoro, o aver inviato messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era egualmente attirata sessualmente". Proprio su quest'ultimo punto, la distinzione netta fra la "violenza sessuale", che è "un crimine" e il "rimorchio" che "non è neppure un reato", si concentra la battaglia delle 100 controcorrente: "noi difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale", siamo "abbastanza mature" da "non confondere un goffo tentativo di rimorchio da un'aggressione sessuale".

Deneuve e le altre, "in quanto donne", gridano il loro desiderio di "non riconoscersi in questo femminismo che, al di là della denuncia degli abusi di potere, assume il volto dell'odio verso gli uomini e la sessualità". Niente a che vedere con le battaglie giuste e sacrosante, ma la confusione si ritorce contro le stesse vittime: "la donna, oggi, può vigilare affinché il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, ma non sentirsi traumatizzata per tutta la vita se qualcuno le si struscia contro nella metropolitana".

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