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Un altro autoritratto, la sorpresa di Perugino

Un altro autoritratto, la sorpresa di Perugino

A Perugia la grande mostra per il quinto centenario della morte

PERUGIA, 03 marzo 2023, 15:17

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Luciano Fioramonti) Un altro volto di Perugino, come l'artista si vedeva a 45 anni, si aggiunge a sorpresa ai due autoritratti certi del grande maestro del Rinascimento. E' la novità dell'ultima ora della grande mostra che la Galleria Nazionale dell'Umbria gli dedica fino all'11 giugno, fulcro delle celebrazioni del quinto centenario della morte, a cura del comitato nazionale presieduto da Ilaria Borletti Buitoni, aperta oggi alla presenza del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi.
    L'attribuzione si deve proprio Marco Pierini, direttore del museo e curatore con Veruska Picchiarelli della esposizione 'Il meglio maestro d'Italia. Perugino nel suo tempo' che raccoglie una settantina di capolavori tra le perle della Galleria, che vanta il maggior numero di opere al mondo del pittore, e i prestiti ottenuti da grandi musei italiani e stranieri e da collezioni private. L'olio su tavola concesso dalla Galleria Palatina degli Uffizi era stato attribuito a Lorenzo di Credi come un ritratto di Verrocchio, poi allo stesso autore come un ritratto di Perugino e infine a Raffaello come un ritratto di Verrocchio. "Io ho sempre avuto la convinzione che il pittore fosse Perugino, un autoritratto mi sembrava plausibile - ha spiegato Pierini all'ANSA - . Poi sovrapponendo l'immagine all'affresco nel Collegio del Cambio mi sono accorto che tornava perfettamente anche se il volto era più giovane di cinque o sei anni". Con gli storici e i tecnici della Galleria sono state fatte prove di photoshop e anche in questo caso i risultati combaciavano. "Tre giorni fa siamo andati a fare misurazioni nel Collegio del Cambio, scoprendo che tra pupilla e pupilla sia nel quadro sia nell'affresco ci sono 56 millimetri. E' per forza lo stesso cartone, quindi, che Perugino utilizzò nell'affresco invecchiandosi un po'. Così abbiamo cambiato l'attribuzione". Il tributo che Perugia rende al suo pittore a Palazzo dei Priori si sviluppa in sette sezioni, cronologiche e tematiche, dai primi passi di Pietro Vannucci a Città della Pieve, dove nacque, poi nel capoluogo accanto a pittori locali, e infine nella bottega del Verrocchio a Firenze dove nei suoi dipinti compaiono gli archi, motivo architettonico ricorrente sempre più elaborato anche nelle enormi pale d'altare, che lo stesso allestimento della mostra richiama. Poi ecco il boom delle grandi committenze ottenute dopo l'exploit delle decorazioni della Cappella Sistina. I prestiti dai musei stranieri - Washington, Louvre, Londra, Berlino - hanno permesso ricongiungimenti inediti, come nel caso del Polittico della Certosa di Pavia del 1506, ricostituito qui per la prima volta, con le tre parti che arrivano dalla National Gallery di Londra e la cimata conservata nella città lombarda. Affascinante la sezione delle Belle Madonne, in cui alle figure femminili di Perugino esaltate dalla eleganza delle acconciature si affiancano capolavori come la Madonna Borghese di Raffaello del 1502, e quella dei Ritratti accostati a quelli di altri maestri dell'epoca in cui spicca la centralità del disegno. "Perugino è uno dei più grandi disegnatori della storia dell'arte - osserva Veruska Picchiarelli -. Meglio di lui, forse, solo Raffaello e Michelangelo". Non manca il capitolo del linguaggio peruginesco che ispirò gli artisti italiani da nord a sud, a partire da quel Giovanni Santi, il padre di Raffaello, che definì Vannucci "il Divin pittore". Il finale pirotecnico è affidato a due gemme tra sacro e profano, La lotta fra Amore e Castità del 1504 commissionato di Isabella d'Este, che aveva inseguito l'artista per anni tartassandolo di lettere per convincerlo, allo Sposalizio della Vergine, dello stesso anno, che torna a casa da Caen a più di due secoli di distanza dalle spoliazioni seguite al passaggio dei soldati di Napoleone.
    "Perugino è un grande artista mediatore, non è un inventore - ha detto Sgarbi -. Prende da uno che è grande più di tutti che è Piero della Francesca, e porta verso un artista altrettanto grande, che è Raffaello, di cui è stato maestro". Perugino aveva un caratteraccio, dice Pierini, irascibile, permaloso. Era un grandissimo imprenditore capace di tenere aperte due o tre botteghe a Roma, Perugia e Firenze, e prendere lavori che non riesce a consegnare in tempo evitando però di perdere i contratti. "Dopo l'esordio fulminante con Verrocchio, l'artista creò un protoclassicismo fatto di grazia, bellezza, equilibrio. Una invenzione alla quale guarderà Raffaello, ma 15-20 anni dopo, in quella 'mescolanza vicendevole' tra i due artisti lodata da Roberto Longhi". La sua sfortuna, come capita spesso ai grandi dello sport e della musica, è aver trovato sulla sua strada un Mozart o un Maradona della pittura come Raffaello. "E' un prezzo che ha pagato non solo in vita, ma anche dopo perché per lungo tempo fu considerato soltanto il maestro del genio di Urbino. Invece Raffaello guarda a lui come grande fonte di ispirazione fino allo Sposalizio della Vergine, che il giovane pittore replicò nello stesso anno spiccando il volo".
    La mostra si ferma, appunto, al 1504, quando la gloria di Pietro Vannucci era al massimo. Poi, fino alla morte a 73 anni causata dalla peste, la sua pittura perse vigore facendosi ripetitiva e seriale. "Venne considerato noioso in tarda età per il suo approccio imprenditoriale - annota Pierini - ma Perugino fu un artista vario e fantasioso, brillante e creativo. Per un quarto di secolo, che non è poco, è stato davvero il numero uno".
   

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