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Folcast, la scuola romana nel mio dna

Sanremo

Folcast, la scuola romana nel mio dna

In gara tra le Nuove Proposte con il brano Scopriti

ROMA, 23 gennaio 2021, 16:50

di Claudia Fascia

ANSACheck

Folcast, la scuola romana nel mio dna - RIPRODUZIONE RISERVATA

Folcast, la scuola romana nel mio dna - RIPRODUZIONE RISERVATA
Folcast, la scuola romana nel mio dna - RIPRODUZIONE RISERVATA

"La musica va avanti. E' questo il segnale che dovrà dare il festival di Sanremo. Con o senza pubblico in sala, anche se le poltrone non ti danno lo stesso ritorno emotivo". Nei giorni in cui si discute di protocolli e modalità organizzative, c'è chi si concentra sulla preparazione della gara "perché l'occasione è importante e non va sprecata", come Folcast (Daniele Folcarelli all'anagrafe, classe '92), cantautore romano in gara tra gli otto giovani delle Nuove Proposte. Il brano che lo ha portato all'Ariston è "Scopriti" (Laboratori Testone/Artist First), con un produttore d'eccezione come Tommaso Colliva ("non è scontato che uno come lui - un Grammy per il suo lavoro con i Muse - decida di credere nel progetto di un giovane") e un arrangiamento degli archi a cura di Rodrigo D'Erasmo. "Scopriti è il racconto di una condizione comune e a volte disarmante - racconta Folcast, che l'anno scorso era riuscito a entrare tra i 60 finalisti -. Il disagio di chi si è perso nell'immobilità delle stanze vuote interiori e si trova a fare i conti con una solitudine imposta e in parte voluta. Nonostante questo, la volontà è quella di rialzarsi, di uscire e di trovare dentro se stessi la motivazione, con rabbia e consapevolezza".

La stessa messa nella musica, nella voglia di non arrendersi. Anche dopo due no ai provini di X Factor, "ma senza mai andare oltre il primo giorno", scherza Daniele che, nell'attesa di sfondare, fa l'impiegato in una società antifrode. "Non mi sono dato una scadenza, ma voglio che la musica diventi un lavoro", anche se nella sua vita famiglia, amore, amici sono altrettanto fondamentali. "Non sono affatto il tipico artista maledetto", si giustifica con un sorriso, "ma da soli non si va da nessuna parte". Nato e cresciuto a Roma, si porta dentro il mondo della scuola romana. "Daniele Silvestri su tutti (di cui è stato opening act al Festival Suoni di Marca la passata estate), e poi Max Gazzè, Francesco De Gregori, Califano, Tosca, ma anche gli stornelli romani che canta mia madre. A Roma c'è tanto fermento e questo ha influito sul mio modo di concepire la musica.

E io cerco di far convivere questo dna con il soul, il funk e la black". Essere a Sanremo, anche in tempo di pandemia, è - neanche a dirlo - "già una vittoria. Anche perché vuol dire che la direzione che ho preso sembra quella giusta: i risultati mi stanno dando ragione". Nessuna invidia nei confronti di colleghi anche più giovani che sono tra i Big. "Il cast è molto interessante, con scelte inaspettate, tipo Fulminacci o Random. Esempi di come la vita ti si può stravolgere nel giro di un anno. Tanto di cappello a loro che sono riusciti a cavalcare il momento". A breve, o quando sarà il momento, un disco che prende forma. "Di musica ne ho tanta. E la volontà è di portarla dal vivo appena sarà possibile".

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