Una collezione ineguagliabile di opere d'arte, che non ha seconde scelte tanto è alto il valore delle tele e delle sculture, dalla poesia di Raffaello e Caravaggio fino all'emozione di Bernini e l'eleganza di Canova. Ma anche uno spazio architettonico di grande bellezza e funzionale all'arte stessa, il cui raffinato apparato decorativo intesse una suggestiva rete di armonici accordi con i capolavori con i quali si relaziona. C'è tutta l'avvincente storia di uno dei più straordinari musei al mondo ne "La Galleria Borghese", il volume a tiratura limitata edito da Treccani, il terzo della collana "Palazzi d'Italia" dopo le pubblicazioni dedicate al complesso architettonico del Quirinale e al Vittoriale degli Italiani. Un libro imponente e di preziosa fattura, che porta avanti su un doppio binario il racconto del luogo sognato e poi creato nella Roma del '600 dal visionario Cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V: da un lato il corposo apparato iconografico, con le 239 immagini del fotografo Luciano Romano che svelano la collezione con uno sguardo originale, libero dalla consuetudine della fruizione museale; dall'altro i numerosi saggi di approfondimento storico-critico, in cui vengono narrati tutti i dettagli di quello che può essere considerato il primo museo moderno. Al centro del volume il legame inscindibile tra gli ambienti interni ed esterni della Villa e le opere: elementi coprotagonisti di una visione d'insieme coerente e di grande originalità, in simbiosi perfetta, inimmaginabili l'uno senza l'altro. Progettata dall'architetto di fiducia del Papa e del Cardinale, Flaminio Ponzo, per essere non una semplice dimora principesca ma proprio un luogo deputato ad accogliere capolavori d'arte, la Villa poi a partire dal 1770 fu radicalmente trasformata dal principe Marcantonio IV Borghese e da Antonio Asprucci, architetto ideatore del programma decorativo: un rinnovamento a dir poco spettacolare, che portò l'edificio all'aspetto che ancora oggi vediamo. Tra gli autori dei saggi anche Anna Coliva, direttore generale della Galleria Borghese, che ha definito il 'suo' museo "un luogo che non si conosce mai del tutto, una palestra eterna per ogni studioso". "Qui c'è il trionfo del multiforme e della meraviglia, con una grande libertà stilistica. Del resto la meraviglia è proprio il dato oggettivo e critico e il fine della poetica barocca, quando nacque la collezione del Cardinale Borghese. Poi nel '700 la seconda fase, con il rinnovamento della Villa portato avanti per rispondere al bisogno di chiarezza e razionalizzazione, per mettere ordine alla multiformità", ha spiegato ieri a Roma alla presentazione del libro, condividendo il tavolo con Massimo Bray, direttore generale dell'Istituto della Enciclopedia Italiana, e Luciano Romano. "Dai tempi di Stendhal - ha detto Bray - la Galleria Borghese ha consolidato la sua fama di luogo identitario della città di Roma: uno scrigno di tesori, che custodisce la bellezza e al tempo stesso la apre alla condivisione di quanti sanno riconoscerla". "La fotografia è una riduzione della realtà: non è facile restituire la complessità che c'è qui dentro", ha proseguito poi Romano, "il fotografo è un artista, è vero, ma in un luogo come questo non ha senso entrare in competizione con Bernini o Caravaggio. Nelle foto del libro l'effetto non sembra costruito ma in realtà abbiamo creato una vera messa in scena teatrale, giocando tra luce naturale e artificiale per trovare un equilibrio perfetto".
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