L'uso del "lanciafiamme" da parte delle autorità cinesi per costringere la gente a stare a casa durante la pandemia di Covid-19 era solo un'efficace iperbole usata da un alto funzionario dell'Oms in una conferenza stampa a Roma. Ma nell'Africa dell'atavica violenza, l'uso di armi da fuoco e bastoni da parte delle forze dell'ordine per imporre il distanziamento sociale è reale e ha fatto almeno 30 morti solo in Nigeria e Kenya. Più che il virus stesso, anche senza calcolare un cono d'ombra proiettato dal terrore che potrebbe rendere la cifra ancor più alta.
La Commissione nazionale dei diritti umani della Nigeria ha denunciato che forze di sicurezza nigeriane hanno ucciso 18 persone durante l'imposizione delle misure restrittive per arginare la diffusione del coronavirus. Una cifra inferiore ai 12 morti il Paese dichiara ufficialmente a fronte di 407 contagi.
Per analoghe violenze delle forze dell'ordine nell'imporre il rispetto del coprifuoco iniziato due settimane fa nell'ambito di un isolamento sociale draconiano, in Kenya il bilancio è di almeno 12 vittime, due in più dei morti da coronavirus che ha contagiato 225 persone. La stima vien accreditata dal Washington Post che evoca anche un imprecisato numero di altri morti causati dalla paura: quella che ad esempio ha attanagliato e bloccato una levatrice e un autista di mototaxi, pur amico intimo del marito, causando la morte di una partoriente e del suo nascituro per un'emorragia sopraggiunta di notte, in pieno coprifuoco. Il tassista non si era voluto muovere perché la polizia gli aveva bastonato la madre solo per essersi seduta fuori dalla casa.
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