L'interesse per l'arte orientale, in
particolare quella giapponese, del conte Giuseppe Primoli è
l'oggetto di una mostra tematica allestita al Museo Napoleonico
di Roma, aperta al pubblico dal 15 marzo all'8 settembre.
L'esposizione 'Giuseppe Primoli e il fascino dell'Oriente',
curata da Elena Camilli Giammei, Laura Panarese e Marco Pupillo,
si inserisce nella rassegna sul collezionismo di arte giapponese
in Italia tra XIX e XX secolo e racconta l'importanza del
contributo di Primoli come collezionista d'arte, bibliofilo e
pioniere della fotografia.
In mostra 14 kakemono - rotoli in carta o stoffa da appendere in
verticale - dipinti con scene tradizionali giapponesi di fiori e
uccelli, alcuni con frasi e dediche autografe dei più noti
scrittori e artisti francesi e italiani del tempo. Si tratta di
un nucleo dall'importante valore documentario e artistico, la
cui peculiarità risiede nell'abitudine del conte di chiedere ai
frequentatori del suo salotto di utilizzare gli spazi non
dipinti dei kakemono per firmare e scrivere pensieri e poesie.
Nei kakemono compaiono quindi componimenti e dediche di
letterati e poeti francesi, tra cui Guy de Maupassant, Marcel
Prévost, Émile Zola, Stephane Mallarmé; di autori italiani come
Giosuè Carducci, Gabriele D'Annunzio, Giovanni Verga e Matilde
Serao; di esponenti delle case reali d'Europa e di attori e
attrici d'eccellenza, come Eleonora Duse. Sono visibili anche
oggetti della collezione Primoli, tra cui il prezioso ventaglio
in seta con scene giapponesi dipinto nel 1880 da Giuseppe De
Nittis per la principessa Mathilde Bonaparte, e 70 tra stampe,
manoscritti, disegni, incisioni, porcellane e manufatti di gusto
orientale provenienti dalla Fondazione Primoli e dalla
collezione del museo. La mostra parte dal concetto di
orientalismo della famiglia Primoli alla corte dei Bonaparte e
dal loro rapporto con l'Oriente vicino e lontano. Conclude il
viaggio espositivo la sezione dedicata al 'grand tour' in India
di Luigi, fratello di Giuseppe Primoli, con fotografie, pietre
scolpite e terrecotte di manifattura indiana raffiguranti
personaggi e soggetti religiosi e una copia del Corano su foglie
di palma.
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