(dell'inviato Fausto Gasparroni)
(ANSA) - LESBO (GRECIA), 05 DIC - "Non scappiamo via
frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di
bambini stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per
millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta
diventando un freddo cimitero senza lapidi": "Questo grande
bacino d'acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio
di morte. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!". Ha
un tono quasi di scoramento, papa Francesco, quando pronuncia il
suo atto d'accusa nel campo profughi di Lesbo, il 'Reception and
Identification Centre' alle porte di Mytilene che ha preso il
posto del famigerato campo di 'Moria', raso a terra da un
incendio nel settembre 2020. Tra recinti di filo spinato,
baracche, tende e container, anziché le parecchie migliaia del
vecchio campo, che era il più grande d'Europa - già visitato da
Bergoglio il 16 aprile 2016 -, oggi i profughi accolti sono
2.200, molti meno della capienza massima di 8.000 per ragioni
legate al Covid. Ma le condizioni di vita, pur migliorate, sono
sempre molto dure. E il tempo scorre lento nel 'limbo' dei
permessi di asilo che non arrivano mai.
Al suo arrivo, sceso con un piccolo fuori programma dalla
Fiat 500L che usa in questo viaggio in Grecia e a Cipro, il Papa
saluta uno a uno centinaia di rifugiati, stringe mani, dispensa
sorrisi e parole di conforto e incoraggiamento, ascolta storie e
invocazioni, accarezza soprattutto i bambini, spesso in
tenerissima età. E all'incontro cui partecipa anche la
presidente della Repubblica Ekaterini Sakellaropoulou, il suo
intervento entra a fondo nella questione-migranti, la Caporetto
umanitaria di oggi.
"Disprezzando l'uomo creato a sua immagine, lasciandolo in
balia delle onde, nello sciabordio dell'indifferenza, talvolta
giustificata persino in nome di presunti valori cristiani, si
offende Dio", dice in modo che più chiaro non si potrebbe: "La
fede ci chiede invece compassione e misericordia. Esorta
all'ospitalità, a quella 'filoxenia' che ha permeato la cultura
classica", prosegue: "non è ideologia religiosa, sono 'radici
cristiane concrete'. Gesù afferma solennemente di essere lì, nel
forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato. E il
programma cristiano è trovarsi dove sta Gesù". Per il Papa, "è
facile trascinare l'opinione pubblica instillando la paura
dell'altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla
dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso
lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle
della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne
proliferare il commercio?"
Ed "è triste", lamenta con riferimento alla più stretta
attualità in Europa, "sentir proporre, come soluzioni, l'impiego
di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati. Siamo
nell'epoca dei muri, dei fili spinati". Certo, "si comprendono
timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono
stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e
pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi
e si migliora la convivenza". "Quante condizioni indegne
dell'uomo! - denuncia - Quanti hotspot dove migranti e rifugiati
vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere
soluzioni all'orizzonte!" Eppure, "il rispetto delle persone e
dei diritti umani, specialmente nel continente che non manca di
promuoverli nel mondo dovrebbe essere sempre salvaguardato, e la
dignità di ciascuno dovrebbe essere anteposta a tutto!".
Il Papa chiede che si superino "la paralisi della paura,
l'indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti
di velluto condanna a morte chi sta ai margini!". E non manca di
richiamare che "chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna -
portano a conseguenze disastrose". La storia, ribadisce, "lo
insegna ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le
spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di
responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione
migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile
peso". La migrazione, in definitiva, "è un problema del mondo,
una crisi umanitaria che riguarda tutti".
Ma Francesco, che alla fine della visita entra in alcuni
container, vuole spiegare anche le ragioni di questo suo ritorno
a Lesbo: "Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi
negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno
visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime". E
ricorda le parole che cinque anni fa, accompagnandolo durante la
visita sull'isola dell'Egeo, disse il patriarca di
Costantinopoli Bartolomeo: "Chi ha paura di voi non vi ha
guardato negli occhi". (ANSA).