(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 25 DIC - Riconoscere che il
messaggio del Natale "non cavalca la grandezza, ma si cala nella
piccolezza" del Dio-bambino che viene al mondo. E quindi
"abbracciare Gesù nei piccoli di oggi", gli ultimi, i poveri,
mettendo da parte disprezzo e indifferenza. Ma allo stesso tempo
impegnarsi perché sia data "dignità al lavoro", anche
scongiurando la gravissima piaga delle cosiddette "morti
bianche". Non trascura temi di forte attualità l'omelia di papa
Francesco nella messa della Notte di Natale, celebrata nella
Basilica di San Pietro davanti a circa 1.500 persone, anche
quest'anno anticipata alle 19.30 come lo era stata l'anno scorso
ai tempi del 'coprifuoco' anti-Covid.
Per il Pontefice, "la sfida di Natale" è, guardando il
presepe, saper accogliere e comprendere "la via della
piccolezza". Perché "Dio si rivela, ma gli uomini non lo
capiscono. Lui si fa piccolo agli occhi del mondo e noi
continuiamo a ricercare la grandezza secondo il mondo, magari
persino in nome suo. Dio si abbassa e noi vogliamo salire sul
piedistallo. L'Altissimo indica l'umiltà e noi pretendiamo di
apparire. Dio va in cerca dei pastori, degli invisibili; noi
cerchiamo visibilità. Gesù nasce per servire e noi passiamo gli
anni a inseguire il successo". "Dio non ricerca forza e potere -
avverte Francesco -, domanda tenerezza e piccolezza interiore".
Ecco allora "che cosa chiedere a Gesù per Natale: la grazia
della piccolezza". Perché, secondo il Papa, "è un messaggio di
grande speranza: Gesù ci invita a valorizzare e riscoprire le
piccole cose della vita". "Lasciamoci allora alle spalle i
rimpianti per la grandezza che non abbiamo. Rinunciamo alle
lamentele e ai musi lunghi, all'avidità che lascia
insoddisfatti!", ammonisce il Pontefice.
Ma "accogliere la piccolezza" significa anche "amare Gesù
negli ultimi, servirlo nei poveri". "Sono loro i più simili a
Gesù, nato povero - ricorda Bergoglio -. Ed è in loro che Lui
vuole essere onorato. In questa notte di amore un unico timore
ci assalga: ferire l'amore di Dio, ferirlo disprezzando i poveri
con la nostra indifferenza".
Il Papa va anche oltre, perché sempre guardando il presepe
vede i pastori come "i dimenticati delle periferie", persone la
cui "dignità è messa alla prova". Insomma, Gesù "viene a
nobilitare gli esclusi e si rivela anzitutto a loro: non a
personaggi colti e importanti, ma a gente povera che lavorava".
"Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro -
spiega Francesco -. Ci ricorda quanto è importante dare dignità
all'uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro
dell'uomo, perché l'uomo è signore e non schiavo del lavoro".
"Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! - è
quindi il suo appello - E impegniamoci per questo".
Il richiamo finale del Papa è così quello a un ritorno
all'essenziale. "Torniamo a Betlemme, torniamo alle origini -
esorta -: all'essenzialità della fede, al primo amore,
all'adorazione e alla carità". "Dio ci conceda di essere una
Chiesa adoratrice, povera e fraterna - conclude -. Questo è
l'essenziale. Torniamo a Betlemme". (ANSA).